S. CIPRIANO D’AVERSA – Con Antonio Iovine fuori dai giochi mafiosi dal 2014, lo scettro della cosca, secondo gli investigatori, è finito nelle mani di Oreste Reccia: lo storico ras del clan, oggi 54enne, tornato in libertà nel 2020, dopo aver trascorso diversi anni in carcere, si sarebbe subito attivato per ravvivare il gruppo sanciprianese. E in questo tentativo di riorganizzazione della gang, decimata da arresti, confische e pentimenti, avrebbe coinvolto Emilio Martinelli, figlio del boss ergastolano Enrico.
Le indagini
Gli agenti della Squadra mobile di Caserta hanno documentato un incontro proprio tra Reccia e il giovane Martinelli avvenuto la mattina del 10 febbraio 2021. Come? Grazie al trojan inserito nel telefonino del ras. Secondo gli agenti, quel confronto aveva assunto i tipici contorni di un summit di mafia. Tema principale della discussione? Le estorsioni. Il clan aveva bisogno di fare soldi ed era necessario individuare imprenditori e commercianti da avvicinare al più presto per costringerli a pagare. Tra le vittime designate, dice la Mobile, c’era un imprenditore sanciprianese coinvolto nella realizzazione di alcuni capannoni nella zona industriale tra Teverola e Carinaro. Ed è proprio di questo uomo d’affari che avrebbero lungamente discusso Reccia, Martinelli e Luigi Annibale (giovane di San Marcellino, presente al summit perché aveva accompagnato il figlio del boss Enrico): “Dobbiamo aiutare qualcuno che è in carcere – dice Reccia -. Ci sono Rafilotto, che è di San Cipriano, ci siamo noi, ma non devono venire né i casalesi né i casapesennesi” (cioè i gruppi Schiavone e Zagaria).
Il messaggio
Il messaggio è chiaro: i sanciprianesi dovevano conquistare una propria autonomia, distanziandosi dall’ala che fa riferimento a Francesco Sandokan Schiavone e a quella di Michele Zagaria Capastorta. Una strategia che avrebbe sposato pure Martinelli, circostanza che trova (indirettamente) riscontro nella confidenza che verso la fine del 2020 Vincenzo D’Angelo, genero del boss Francesco Bidognetti, aveva fatto a Ivanhoe Schiavone, figlio di Sandokan. Cosa gli disse? Che Martinelli ed altri giovani sodali avevano deciso di staccarsi e fare un gruppo autonomo. Fatta questa premessa organizzativa, Reccia, seguendo l’intercettazione, si concentra sull’uomo d’affari che aveva intenzione di avvicinare. E, secondo gli investigatori, Martinelli, compresa l’identità del costruttore a cui faceva riferimento il ras, si offre di intervenire personalmente: “Io faccio l’imbasciata, dammi un poco… in settimana ti chiamo, ci mettiamo d’accordo, non ti faccio prendere collera”.
Frase che, ritengono i poliziotti ha un sottotesto lampante: quando il figlio del boss avrebbe incassato i soldi dell’estorsione, verserà la quota a Reccia.
La conversazione
Nel proseguo della conversazione, Martinelli, temendo di essere intercettato, chiarisce al ras, evidenziano gli agenti, che se fosse stato chiamato direttamente da lui o dal figlio Francesco non sarebbe andato: “Non vengo”. Ma Reccia lo tranquillizza garantendogli che lo avrebbe contattato solo tramite Annibale. I documenti riguardanti il presunto summit di mafia sono tra gli atti dell’indagine che nel luglio 2021 ha portato all’arresto di Reccia, Annibale e di altre 11 persone, accusate a vario titolo di estorsione e possesso illegale di armi. Per 12 di loro è già stata emessa la condanna in primo grado (Reccia ha ricevuto 9 anni di carcere e Annibale 3 anni) ed entro l’estate arriverà pure il verdetto della Corte d’appello. La Direzione distrettuale antimafia ha inserito alcune delle conversazioni intercettate grazie al trojan impiantato nel cellulare di Reccia anche nell’inchiesta che ha documentato i nuovi assetti dei Bidognetti e degli Schiavone, sfociata lo scorso novembre in 34 arresti.
Martinelli estraneo all’indagine su Reccia
Martinelli, che non ha mai riportato condanne per associazione mafiosa, è estraneo sia all’indagine che ha interessato Reccia, sia a quella sulle cosche di Cicciotto ‘e mezzanotte e di Sandokan, ed è da considerare innocente fino a un’eventuale sentenza di colpevolezza irrevocabile. I carabinieri del Nucleo investigativo di Aversa dicono di lui che sarebbe al vertice di un nuovo gruppo mafioso. E gli agenti della Squadra mobile di Caserta, accendendo i riflettori su Reccia, hanno raccolto pure elementi che dimostrerebbero come il giovane, sfruttando il carisma del padre, rappresenterebbe oggi uno dei soggetti di maggiore spessore criminale nel clan dei Casalesi. Logicamente si tratta solo di ipotesi investigative che non sono ancora state affrontate nelle aule di giustizia.
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