SAN CIPRIANO D’AVERSA – Le intercettazioni chiave nell’indagine che ha portato a processo e alla condanna di Emilio Martinelli ‘o Barone dovranno essere riascoltate in aula: è quanto ha deciso, ieri, la Corte d’appello di Napoli. I giudici di secondo grado, accogliendo la richiesta dei legali Ferdinando Letizia e Domenico Dello Iacono, hanno disposto la rinnovazione dell’istruttoria, rivalutando le conversazioni captate dagli investigatori. Martinelli è stato condannato, con rito abbreviato, a 10 anni dal Tribunale di Napoli. È questo verdetto che dovrà rivalutare la Corte partenopea.
L’imputato, accusato di associazione mafiosa, secondo la Dda di Napoli ha prima affiancato Oreste Reccia, alias Recchie ‘e lepre, nella guida della costola sanciprianese del clan e poi, quando Reccia è stato rispedito in cella, avrebbe indossato i panni del leader. A tracciare il profilo criminale di ‘o Barone, figlio di Enrico, storico esponente della cosca, sono state le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo di Aversa e della Squadra mobile di Caserta. La sua figura era già emersa nel corso dell’inchiesta su Reccia (arrestato nel 2021) e poi in quella tesa a colpire la cosca Bidognetti (nel 2022), ora guidata da Gianluca Nanà, figlio del boss ergastolano Francesco Bidognetti.
Le recenti dichiarazioni di nuovi collaboratori di giustizia e ulteriori attività intercettive e di osservazione su Martinelli hanno portato i pm Maurizio Giordano e Francesco Raffaele a chiedere e ottenere il suo arresto nel 2023. Vincenzo D’Angelo, detto Biscottino, collaboratore di giustizia e genero di Cicciotto ‘e Mezzanotte, ha sostenuto che ‘o Barone non solo si sarebbe dedicato alle estorsioni, come Reccia, ma si sarebbe occupato anche di altri affari illeciti, come lo spaccio di droga, le truffe sui ‘bonus 110%’ e il noleggio delle auto di lusso (condotte che però nello specifico non gli sono state contestate nel processo che ha visto la conclusione del suo primo grado giovedì sera).
Prima ancora di D’Angelo, a inserire ‘o Barone nel clan dei Casalesi sono stati altri pentiti. Walter Schiavone, figlio del capoclan Francesco Sandokan, in una memoria che scrisse nel 2018, dopo aver deciso di seguire il fratello Nicola nel percorso di collaborazione con la giustizia, indicò proprio Martinelli tra i soggetti che gli versavano parte dei soldi derivanti dallo spaccio di stupefacenti. La scalata criminale di Martinelli, stando a quanto tracciato nell’indagine della Dda, aveva indispettito sia il gruppo Bidognetti che la famiglia di Francesco Schiavone Sandokan, generando un clima di tensione.
E in questo contesto va tracciato anche l’ordine che Gianluca Bidognetti diede dal carcere di Terni, dove era recluso nel reparto di alta sicurezza (ora è al 41 bis), ai suoi affiliati: colpire un familiare di ‘o Barone. Direttiva che però non fu portata a compimento grazie all’intercessione di Teresa Bidognetti, moglie di D’Angelo, che si oppose.
Adesso toccherà ai giudici di secondo grado valutare la posizione di Martinelli, da considerare innocente fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.
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