LONDRA – Clima tesissimo nemmeno a Downing Street. “Si avvicina il momento in cui i coltelli verranno affilati, conficcati nella sua fronte e girati. Morirà presto”, ha detto al Sunday Times un deputato Tory di cui non si fa il nome. Un altro ha avvisato che la prima ministra sta entrando nella “killing zone” (area omicidi), che il suo “assassinio è nell’aria”. Domani – parole di un altro anonimo – “dovrà portare il suo cappio” se accetterà l’invito del gruppo parlamentare dei Tory pronto a chiederne la testa.
Sfiducia ad un passo per la May
Si sprecano le metafore macabre sulla settimana di passione che Theresa May sta per affrontare. L’ennesima ma cruciale ora che il tempo stringe e lei non è riuscita a chiudere l’intesa con Bruxelles al vertice europeo del 17 ottobre. La leader inglese marcia dritta verso “quattro incontri e un funerale politico”. E l’impressione è che il Regno Unito rischi di perdere in un colpo solo elementi fondamentali. In primis il legame che l’ha unita finora all’Unione europea, poi la leader di governo incaricata di traghettare il Paese fuori dalla Ue. Infine – last but not least – anche l’onorabilità del suo Parlamento. Sì, perché mentre la temperatura politica si fa di nuovo incandescente, il dibattito interno scivola anche sul linguaggio truculento utilizzato ai danni della premier.
Clima inaccettabile
“Inaccettabile”, dice dall’opposizione Yvette Cooper, responsabile della Commissione Interni ai Comuni, dopo che Downing Street ha lanciato l’appello a evitare “un linguaggio disumanizzante e denigratorio”. Le parole contano, dicono dall’opposizione ricordando come un clima di odio possa generare mostruosità come fu l’omicidio della deputata laburista Jo Cox. Ma il senso politico della vicenda resta.
Oggi Theresa May aggiornerà il Gabinetto sugli sviluppi dei negoziati. Domani dovrebbe trovarsi di fronte al ‘1922 Commitee’, il gruppo parlamentare Tory alla Camera che l’ha chiamata a intervenire sulla Brexit. Ovvero il dossier che ha messo il partito di fronte a un “logorio esistenziale”, per dirla con le parole dell’ex ministro Nicky Morgan o “a uno spettacolo di merda”, per usare le parole del collega e deputato Johnny Mercer.
Il rischio della sfiducia: mancano due lettere
La premier fino a ieri ribadiva: “Il 95% del negoziato con Bruxelles è stato completato”. Ma è su quel 5% che rischia di saltare tutto. Il partito sembra non voler accettare l’estensione del periodo di transizione oltre il 2020. Non a caso l’appuntamento di domani è stato chiamato “il processo show”. May rischia ancora che il partito ne chieda la sfiducia. Servono 48 lettere alla presidenza del Parlamento, ce ne sono già 46.