Mazzarella espulso da Ischia

Mazzarella espulso da Ischia
Mazzarella espulso da Ischia

NAPOLI – Passeggiava su corso Francesco Regine, riflesso nelle vetrine delle decine di attività commerciali di Forio e tra la folla di turisti, a una manciata di metri dalla suggestiva chiesa del Soccorso. Quel giro gli costerà molto caro. Il boss Michele Mazzarella non potrà più mettere piede sull’isola Verde. 

L’esponente dell’omonima famiglia di camorra del rione Rione Luzzatti è stato fermato e denunciato dai carabinieri di Ischia alla vigilia del suo 44esimo compleanno. A intercettarlo sono stati i militari del nucleo operativo radiomobile durante un controllo di routine. Lo hanno visto in strada e hanno voluto approfondire la cosa. Fin qui nulla di strano, se solo non fosse che Mazzarella era in compagnia di un volto noto alle forze dell’ordine. I carabinieri hanno chiesto a entrambi di fornire i documenti, poi incrociati nel database in uso agli investigatori. E dai controlli è emerso subito che l’amico con cui se ne andava in giro era un pregiudicato, elemento che ha comportato per Mazzarella la violazione dei termini della libertà vigilata a cui si trova attualmente sottoposto. Di conseguenza l’uomo è stato denunciato dai carabinieri e verranno avviate le pratiche per l’emissione del foglio di via. In sostanza, una volta sul traghetto per la terraferma, non potrà più tornare all’ombra del monte Epomeo.

Michele Mazzarella, figlio del capoclan Vincenzo, è in libertà da ormai quasi due anni, da quando nell’agosto 2020 fece ritorno in città, dopo due decenni trascorsi in carcere, usufruendo di un maxi sconto di nove anni. Un rapporto complicato, quello di Mazzarella con l’isola di Ischia. Sì, perché nel luglio dell’anno scorso il 44enne si vide respingere la richiesta di affidamento al lavoro sull’isola Verde dai magistrati della Sorveglianza. Il destino ha voluto che dodici mesi esatti più tardi venisse punito con l’espulsione dalla stessa isola che ha inseguito con forza.

Nato il 14 luglio 1978, oltre a essere figlio di Vincenzo ’o pazzo (deceduto nel novembre 2018 nel penitenziario di Opera a Milano, dove era detenuto in regime di carcere duro), Michele è genero di un altro boss di una storica famiglia di camorra del centro, Luigi Giuliano, detto Lovigino, il capoclan paroliere, per effetto del matrimonio con la figlia Marianna celebrato nel settembre del 1996. A vederla attraverso la mappa geocriminale, Napoli appare divisa in due grande blocchi: da una parte l’Alleanza di Secondigliano, il cartello criminale formato dai Contini, dai Licciardi e dai Mallardo, e dall’altra i Mazzarella, che con una politica di espansione attraverso una rete di alleanze anche nella provincia napoletana contaminerebbe quelle porzioni di territorio rimaste orfane degli storici clan collassati a causa dei numerosi arresti subiti.

Le nozze con Marianna Giuliano e l’ingresso tra i vicoli di Forcella

Michele Mazzarella è tornato in libertà nell’estate di due anni fa dopo aver vissuto vent’anni in carcere. In realtà avrebbe dovuto scontarne 29 (e due mesi) per tre condanne, una per omicidio (quello di Giuseppe Ginosa) e le altre per associazione e traffico di stupefacenti. Finì in manette al termine di un blitz datato 2000, e da allora in carcere ha avuto una condotta eccellente, impeccabile. Nelle ore d’aria, inoltre, incantava i detenuti con le sue doti calcistiche, abilità che gli hanno fatto guadagnare il soprannome di ‘Ronaldo’, nomignolo che spesso veniva alternato con l’altro alias dell’ex calciatore brasiliano, ‘Il Fenomeno’, appunto. Quattro anni prima di finire in carcere, il 44enne convolò a nozze con Marianna Giuliano, figlia del boss (oggi pentito) Luigi, un matrimonio che – secondo gli esperti dell’Antimafia – ebbe come effetto l’ingresso ufficiale dei Mazzarella (originari di Poggioreale) nella gestione degli affari illeciti dei vicoli del quartiere Forcella. Un mostro a tre teste, un’organizzazione tentacolare, potente e ramificata. E’ così che il pentito Salvatore Esposito, descrisse il clan Mazzarella. Secondo il collaboratore sarebbe “suddiviso in tre grossi gruppi: uno operante al rione Luzzatti che era capeggiato da Vincenzo Mazzarella, defunto padre di Michele Mazzarella,  un altro attivo nella zona di piazza Mercato e Porta Nolana capeggiato dagli eredi di Gennaro Mazzarella, ovvero dai suoi figli; e un altro gruppo che opera a San Giovanni a Teduccio capeggiato da Franco Mazzarella, figlio di Salvatore. Nati come gruppo malavitoso dedito al contrabbando di sigarette, i Mazzarella cominciarono ad imporsi sulla scena criminale a partire dagli anni ’50 quando, dopo il boom di sviluppo, la periferia est sprofondò nel degrado e i Mazzarella organizzarono tutte le ‘paranze’ da Santa Lucia a Posillipo da Bagnoli a Pozzuoli. Cominciarono i fratelli Zaza, zii dei Mazzarella. Michele, detto ’o pazzo, divenne contrabbandiere a livello internazionale: comprò navi e depositi sui porti dove era possibile smerciare sigarette per l’assenza dei monopoli. Il fratello Antonio curava i suoi interessi nel Napoletano. Tra San Giovanni e Napoli cominciarono così a farsi spazio i Mazzarella. Le prime flotte di scafisti erano del clan di Michele Zaza. Con il passare degli anni la gestione dell’impero passò ai nipoti di Michele Zaza, i Mazzarella, abili, coraggiosi, uomini di rispetto. Era la prima generazione del contrabbando di sigarette, quella del dopoguerra. Ora siamo alla ‘terza generazione’ e le cose sono cambiate. Il clan si adeguò ai tempi e dal contrabbando passò ad occuparsi dei traffici di droga, quindi delle estorsioni, altro ‘classico’ della camorra. 

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