Mazzette per ottenere i lavori dal Cira. La Procura: “Ai funzionari il 5 per cento”

A mediare tra gli imprenditori e i dipendenti della società con base a Capua sarebbe stato Fago. Il litigio intercettato tra Sergio e Adolfo Orsi per la bustarella: “Su 40mila euro è assai”

CASAL DI PRINCIPE – Denaro, denaro e ancora denaro. Se Sergio Orsi è riuscito a veicolare verso ditte a lui amiche gli appalti del Cira (nella foto la struttura vista dall’alto), sostiene la Procura di Napoli, è grazie ad un denso giro di mazzette. L’imprenditore è accusato di aver promesso a Carlo Russo e a Vincenzo Filomena, rispettivamente direttore amministrativo e componente dell’ufficio tecnico del Centro italiano di ricerca aerospaziale, la somma corrispondente al 5 percento sugli importi dei lavori che venivano assegnati come da lui indicato. Promessa, ha ricostruito l‘Antimafia. che sarebbe stata accettata dai due dipendenti. E dicendo sì “asservivano la loro funzione ed il loro potere anche discrezionale agli interessi degli Orsi”. Antonio Fago, 73enne di Pozzuoli, in questo ipotizzato sistema messo in piedi dall’imprenditore casalese, avrebbe agito in veste di intermediario. Era lui, affermano gli inquirenti, il collettore tra Sergio e Adolfo Orsi e il duo Russo-Filomena “allo scopo di evitare agli uni e agli altri di avere contatti diretti fra di loro”. Fago, inoltre, si sarebbe accollato anche l’onere di organizzare degli incontri di persona tra casalesi e funzionari, durante i quali, in base a quanto accertato dai militari dell’Arma di Aversa, si discuteva “delle modalità di turbativa delle gare e di pattuizione degli importi corruttivi”.
L’inchiesta che ieri ha fatto scattare le 11 misure cautelari avrebbe dimostrato come Sergio Orsi, ancora una volta, avrebbe fatto impresa con metodi illeciti. Quali? Da un lato sfruttando i legami con il clan dei Casalesi, e il coinvolgimento di Fabio Oreste Luongo (indagato per associazione mafiosa), secondo la Dda, ne sarebbe la prova, e dall’altro facendo circolare le mazzette. E la corruzione, a quanto pare, seppur fondamentale, per lo schema affaristico intrapreso, era una spesa pesante da ammortizzare. E in una circostanza la cifra da sborsare sarebbe stata motivo di scontro tra Adolfo Orsi e il papà Sergio. Non perché il primo ritenesse riprovevole il fatto che il secondo fosse pronto a dare una bustarella. Ma per il contenuto da metterci dentro. “Il 10 percento sul lavoro? Non è assai, papà su 40mila euro di lavori?”: sono le parole con cui il figlio palesò il proprio dubbio al genitore sulla somma da elargire ai funzonari. La conversazione intercettata è datata 20 gennaio 2021. Parlavano degli interventi di messa in sicurezza di un capannone del Cira. Il 10 percento dei 40mila euro, la somma da sganciare se avessero voluto ottenere il lavoro, per Adolfo era eccessiva . “E che lo stabilisco io? Lo stabiliscono loro”, gli rispose Sergio. Ma per Adolfo restava una richiesta fuori mercato: “Sui lavoretti ad affidamento diretto si prendono il 2-3%, mica si prendono il 10?”. Il papà aveva un altro approccio. E provò a contrastare l’obiezione: “No, invece è il contrario, sul grosso lavoro scendono di prezzo”. La differenza di vedute sul punto, però, sembrava insanabile. “Ma sulla grande puoi picchiare di più, sulla piccola il 10% di questo sai quanto è?”, fece notare Adolfo. Sergio tentò di convincerlo: “Fammi parlare, fanno il contrario ti sto dicendo, sulla grossa scendono la percentuale”. A questo punto il figlio sbottò: “Ma il 10% nemmeno più i camorristi ci arrivano”. E il genitore spazientito alzò bandiera bianca: “Non accettare, che ti devo dire”.

Nella rete degli Orsi quattro cantieri per oltre un milione e mezzo di euro

In cinque mesi Sergio e Adolfo Orsi sarebbero riusciti a mettere le mani su quattro appalti banditi dal Cira. Si tratta di opere in grado di muovere, complessivamente, oltre un milione e mezzo di euro.
La gara dall’importo maggiore riguarda la manutenzione delle aree verdi: la cifra a base d’asta era di 991mila euro. Di 600mila euro, invece, quella chiamata ad assegnare i servizi di “manutenzione e conservazione dei beni del Centro italiano per la ricerca aerospaziale”. E questa, ha ricostruito la Procura distrettuale antimafia, è una delle procedure che rispetto a quanto programmato dai casalesi è stata caratterizzata da un imprevisto. La commissione, il 10 maggio 2021, propose l’affidamento provvisorio alla Li.Ri. di Giugliano in Campana e non alla Italiana Multiservizi indicata da Orsi. I funzionari che avrebbero dovuto indirizzare in modo diverso l’iter di assegnazione, ovvero (secondo la Dda) Carlo Russo e Vincenzo Filomena, a gara chiusa consigliarono ad Orsi “di mettersi in contatto con l’aggiudicatario per indurla a rinunciare all’incanto”. Importo più basso, invece, quello previsto per mettere in sicurezza lo ‘spazio-deposito di cantiere Lisa’. Intervento da 40mila euro che, sostiene la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, era stato aggiudicato alla Coge Fid direttamente su segnalazione di Sergio Orsi. La ditta è di proprietà di Fiore Di Palma, uomo d’affari di Somma Vesuviana. In realtà, hanno ricostruito i carabinieri del Nucleo investigativo di Aversa, aveva partecipato alla gara solo formalmente, “essendo d’accordo con Orsi sul fatto che il profitto” lo avrebbe “interamente versato” a lui. Cantiere da 80mila euro, infine, quelle per realizzare un deposito per accogliere rifiuti speciali e non pericolosi.
Una delle ditte usate dagli Orsi per accaparrarsi i lavori, cioè l’Italiana Multiservizi, è intestata a Felice Ciervo. Ma il suo sarebbe stato soltanto un ruolo formale, perché gli effettivi proprietari della ditta, afferma l’Antimafia, erano Sergio e Adolfo Orsi. Uno stratagemma che la coppia di Casal di Principe avrebbe adottato per eludere disposizioni in materia di misure di prevenzione, essendo Sergio condannato in via irrevocabile come partecipe al clan dei Casalesi. Felice è il figlio di Francesco Ciervo e cugino di Benardo. Quest’ultimo oltre ad essere fratello di Giuseppina, moglie di Adolfo Orsi, è anche ritenuto dagli inquirenti un componente del clan. L’Italiana Multiservizi venne costituita il primo settembre 2020, 12 giorni dopo la scarcerazione di Sergio Orsi. Il 50 percento della ditta è intestato a Felice Ciervo, la restante parte a Salvatore Orsi, nipote di Sergio.

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