Caso Minguzzi, nuovo test sul cadavere del carabiniere ucciso 31 anni fa. La Procura: potrebbero esserci tracce degli assassini

Il 21enne venne sequestrato, ammazzato in un casolare e gettato nel fiume nella primavera del 1987

Minguzzi, caso riaperto
Foto Zani

FERRARA – Pier Paolo Minguzzi potrebbe custodire nella tomba le tracce dei suoi assassini. Ne sono convinti i magistrati della Procura di Ravenna, che dopo aver riaperto il caso sulla morte del carabiniere di Mesola, ora dispongono che la bara venga riaperta. Perché? Secondo gli inquirenti, Minguzzi – all’epoca 21enne – potrebbe essersi difeso prima di morire. E in una possibile colluttazione, il suo corpo potrebbe aver trattenuto delle tracce degli aguzzini.

Il sequestro, la richiesta di riscatto e il corpo nel Volano
Minguzzi, caso riaperto
Foto Zano – Pier Paolo Minguzzi

La notte del 21 aprile del 1987, il carabiniere di leva (studiava ancora Agraria) sparì dopo aver accompagnato la fidanzata ad Alfonsine. La ragazza confermò che Minguzzi svoltò in direzione di casa propria, ma che poco dopo, mentre saliva le scale della sua abitazione, sentì un rumore. Un tonfo, come se qualcuno si fosse fermato di getto nella strada affianco. Alle 3 di notte, la madre chiamò i carabinieri. Pier Paolo non era rientrato a casa. Il giorno successivo, la sua Golf venne ritrovata con le chiavi nel cruscotto in centro. Arrivò una prima telefonata ai genitori, poi una seconda e altre ancora. Venivano chiesti 300 milioni di lire per liberare Pier Paolo. Il primo maggio, il corpo del 21enne fu ritrovato nel vicino Po di Volano. Minguzzi fu portato in una stalla abbandonata di Vaccolino. Fu ammazzato e poi gettato nel fiume, legato a una grata sradicata dal casolare.

L’archiviazione del caso Minguzzi e la possibile svolta: “Riaprite il feretro”

Nei mesi successivi venne aperto un fascicolo a carico di ignoti, che però fu archiviato nel 1996. Qualche settimana fa, però, la svolta. Spinta anche dalle pressanti richieste dei legali della famiglia, la Procura di Ravenna ha riaperto il caso. Tre le persone iscritte nel registro degli indagati: Angelo Del Dotto (55 anni) di Ascoli Piceno e Orazio Tasca (54 anni) di Gela, ex carabinieri in servizio all’epoca dei fatti e un idraulico romagnolo, Alfredo Tarroni (62 anni). Per tutti, le ipotesi di reato sono di sequestro di persona, omicidio e occultamento di cadavere. Ora, secondo i magistrati, è necessario riaprire la bara e procedere a un test su ciò che resta del corpo di Minguzzi. Martedì si procederà col conferimento dell’incarico al medico legale della Procura che dovrà effettuare una nuova autopsia. Per i giudici, l’allora 21enne potrebbe aver provato a difendersi prima di essere ucciso. Il suo cadavere, quindi, potrebbe aver trattenuto delle tracce degli assassini durante una possibile colluttazione. Collo, caviglie, polsi. L’analisi su questi punti, in particolar modo, potrebbe segnare la svolta decisiva affinché chi uccise il carabinieri di leva abbia un volto.

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