di Benedetta Dalla Rovere
MILANO (LaPresse) – Preoccupano le possibili ingerenze filo russe sulla politica italiana. E in particolare gli attacchi web al presidente Sergio Mattarella, dietro i quali si sospetta possa esserci l’azione di troll legati a Mosca. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo sulla vicenda, affidato al pool antiterrorismo guidato da Francesco Caporale. La relazione della Polizia Postale sul cyber attacco arriverà sul tavolo dei pm romani la prossima settimana. Nel frattempo anche il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica vuole vederci chiaro. Domani alle 13 davanti al Copasir Alessandro Pansa, direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) riferirà sui tantissimi post intimidatori. Post diffusi su Facebook e Twitter contro Mattarella tra il 27 e il 28 maggio scorsi. Proprio quando il Capo dello Stato esprimeva il suo “no” alla candidatura di Paolo Savona come ministro dell’Economia.
Solo su Twitter in pochi minuti si sono registrati circa 400 nuovi profili. Tutti riconducibili ad un’unica origine. Dai quali sono partiti migliaia di messaggi di insulti e di inviti alle dimissioni nei confronti del Capo dello Stato. Account falsi che risultano essere stati creati da server esteri, in particolare estoni e israeliani. Non è escluso, però, che quei profili, in realtà, siano stati registrati in Italia. E che il segnale sia poi “rimbalzato” all’estero per poi apparire nuovamente in rete nel nostro Paese. Il “via libera” all’attacco informatico, poi, da quanto si è saputo, potrebbe essere partito dal Nord Italia. Subito dopo quel “segnale” si sarebbe scatenata una pioggia di messaggi accompagnati dall’hastag #Mattarelladimettiti, la maggior parte generati proprio dai falsi account, chiusi poco dopo.
A scaldare il dibattito su possibili campagne di disinformazione nel nostro Paese ci ha pensato anche il sito americano FiveThirtyEight
Nei giorni scorsi ha pubblicato nove file Excel che mostrano come l’Internet Research Agency di San Pietroburgo, potrebbe essersi concentrata dal 2012 in modo sistematico anche sull’Italia. L’allarme era scattato già prima delle elezioni dello scorso marzo. A parlare di fake news made in Italy, a dicembre del 2017, era stato il New York Times. Il quotidiano newyorkese rilanciava una ricerca di Andrea Stoppa, giovane esperto italiano di cyber security già collaboratore di Marco Carrai, manager e imprenditore vicino all’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi.
In uno studio Stoppa avrebbe messo nero su bianco che “la pagina ufficiale di promozione per Matteo Salvini, leader del partito di destra la Lega, condivide gli stessi codici Google (Adsense, ndr) con una pagina di propaganda e fan del Movimento 5 Stelle“. Altri motivi di preoccupazione erano arrivati anche questo dallo scandalo di Cambridge Analytica, che su Facebook ha esposto milioni di utenti americani a contenuti “sponsorizzati” dal Cremlino. Elementi che avevano portato il Copasir a sollecitato i direttori dell’intelligence a riferire su possibili tentativi dall’estero di influenzare via web le competizioni elettorali italiane, senza che tuttavia fossero emerse evidenze.
A febbraio, nell’ultima relazione dei servizi segreti al Palamento, però, i nostri 007 parlano del rischio delle cosiddette ingerenze
“Che si traduce in campagne di influenza. Campagne che mirano a condizionare l’orientamento ed il sentiment delle opinioni pubbliche. Specie quando quest’ultime sono chiamate alle urne“. In particolare “tali campagne hanno dimostrato di saper sfruttare le divisioni politiche, economiche e sociali dei contesti d’interesse. Con l’obiettivo di introdurre, all’interno degli stessi, elementi di destabilizzazione e di minarne la coesione“. Cresce, però, il timore che quanto visto finora possa essere solo l’inizio.