Nani e titani

Tanto tuonò che piovve. Alla fine la deriva populista, l’istinto incoercibile, l’essenza indomabile che diventa ontologica di Matteo Salvini, ha avuto il suo naturale sfogo. La Lega ha votato contro l’obbligo del “Green Pass” che il governo ha adottato con il solito decreto partorito a Palazzo Chigi e che il Parlamento sarà chiamato a ratificare con il voto di fiducia. Una richiesta, quest’ultima, che farà decadere tutti gli emendamenti, con i parlamentari che non potranno fare altro che esprimersi a favore o contro l’esecutivo. Abbiamo più volte scritto su questo stesso foglio che trasformare in battaglia ideologica la vicenda vaccinale, nel mentre il morbo epidemico morde ancore le gambe della popolazione, è un atto che crea confusione più che dirimerla.

Così come avemmo a scrivere che si poteva e doveva distinguere, con un minimo di irenica discussione, la parte scientifica da quella giuridica. Ma si sa che l’Italia ha sempre vissuto di polemiche ed antinomie, di strumentali atteggiamenti del tutto svincolati dai termini del problema. Nel nostro Paese il tifo ha spesso preso il sopravvento sulla ragionevolezza. Gli umori della piazza, si sa, attraggono i populisti come il miele le mosche e la prospettiva di ricavarne un vantaggio elettorale non trova motivo di compensazione sufficiente. La lotta, in fondo, è tra l’affermazione di due diritti, entrambi costituzionali: quello alla salute e quello all’inviolabilità del proprio corpo nei confronti di una terapia, quella genetico-vaccinale, non propriamente gradita da una parte della cittadinanza.

Insomma, da una parte ci sono gli interessi diffusi che chiedono di essere protetti dal contagio e dall’altra quelli soggettivi che invocano garanzie sull’efficacia e l’innocuità della pratica vaccinale, o meglio della terapia genica che la surroga. Già alcuni pronunciamenti dei tribunali amministrativi e della stessa corte costituzionale hanno fatto propendere il piatto della bilancia in favore della tutela dei diritti pubblici su quelli dei singoli individui. Tuttavia si può cercare una via di chiarezza scientifica ed al contempo garantire i preminenti diritti della collettività ad essere protetta.

Così, purtroppo, finora non è stato ed ecco allora che divampa la polemica tra il leader della Lega ed Enrico Letta, esangue segretario del Pd, un partito che, più che un’entità politica coesa con le idee chiare, sembra ormai afflitto da una sorta di lotta tra bande. Battitore libero: Fratelli d’Italia, unico partito d’opposizione guidato da Giorgia Meloni che, pur di crescere elettoralmente, si propone come la brutta copia di Giorgio Almirante, del quale scopiazza atteggiamenti ed eloquio. Letta grida allo scandalo per la presa di posizione del Carroccio, avendo i dem sempre mal digerito la presenza di Salvini al governo e quindi inclini a creare le condizioni per metterlo alla porta. Del “Green Pass” poco interessa ai contendenti, se non come argomento che oggi polarizza l’attenzione dei cittadini alla vigilia del voto autunnale. Insomma, Salvini fa l’uomo di lotta e di governo al tempo stesso, cercando di conciliare la resa elettorale e quella di essere parte della maggioranza, ovvero sedere intorno alla tavola imbandita dei 200 miliardi del prestito europeo. La verità è che oggi nessuno può permettersi di determinare una crisi di governo alla viglia del “semestre bianco”, il periodo temporale che precede l’elezione del Presidente della Repubblica. Un periodo nel quale per legge non può determinarsi un vuoto dell’esecutivo.

Parimenti sconsigliata la crisi di Governo dalla contingente rosea previsione di ripresa economica, che porta l’Italia a poter uscire dalla condizione di austerità e di crisi occupazionale. Tutte contingenze politiche favorevoli che dovrebbero sconsigliare anche i più oltranzisti ad aprire una crisi. Questo quadro è noto sia a Salvini che a Letta i quali animano il teatrino della politica in questi giorni. Resta però l’emergenza Covid che il vaccino non eradica a causa delle mutazioni virali e resta il diritto dei cittadini a proteggersi per quanto sia meglio possibile. Un ceto politico meno grossolano avrebbe proposto un modello alternativo per coloro che nutrono dubbi e timori sull’efficacia e sull’innocuità della terapia genica. Ad esempio, avrebbero potuto pensare ad un progetto esecutivo di intervento domiciliare per le persone fragili e più esposte, individuando queste ultime ed allestendo équipe organizzate per monitorarle pronte ad intervenire con gli anticorpi monoclonali all’occorrenza.

Ancora: si sarebbe potuto pensare ad un servizio da estendere per gli obiettori del Green Pass col pagamento di una quota di compartecipazione (ticket) alla spesa. Un modo scientificamente corretto, insomma, ed in grado di garantire a tutti, nessuno escluso, l’esercizio dei diritti costituzionali. Realizzarlo non è un’impresa da titani. Basterebbero anche i nani che popolano l’odierna scena politica.

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