NAPOLI – Un cartello a tre teste che aveva fondato la sua rinascita sulle estorsioni. Su una strategia chiara, ‘chirurgica’: il pizzo a tappeto che nessuno poteva rifiutarsi di pagare. L’obiettivo era anche quello di respingere il ritorno feroce dell’Alleanza di Secondigliano in centro. Notte di manette a Napoli, quella di ieri, dove i lampeggianti delle forze dell’ordine sono tornati a illuminare i vicoli di Forcella e il dedalo delle Case Nuove, quartiere dove nelle ultime settimana si registra uno scontro tra gruppi legati al clan Contini. Ieri mattina la polizia di Stato ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Fabrizio Finamore del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di tredici persone ritenute, a vario titolo, gravemente indiziate di tentata estorsione e lesioni personali aggravati dal metodo mafioso. Il provvedimento dispone per dieci persone la custodia cautelare in carcere e per tre gli arresti domiciliari. Ordinanza in carcere per Antonio Bonavolta, 36 anni; Pasquale Buonerba, 25 anni, fratello di Gennaro Buonerba, killer del baby boss Emanuele Sibillo; Vincenzo Caldarelli, 44 anni; Pasquale Casaburro, 49 anni; Salvatore Di Caprio (di Secondigliano, in passato condannato per per la partec1pazione dal 2008 al 2010 al clan Di Lauro), 40 anni; Emanuele Di Clemente, 36 anni; Rosario Ciro Mazio (autista del reggente della cosca), 19 anni; Cristian Nunziata 27 anni; Luigi Pandolfo, 30 anni; e per Luciano Barattolo, 31enne ai vertici dell’organizzazione criminale. Domiciliari invece per Lucia Basile, 36 anni, e per i coniugi Roberta Fallace, 28 anni, e Massimo Damiano, 31 anni. Richiesta di misura cautelare respinta per Luigi Prisco, 45enne residente al centro storico, che resta così indagato a piede libero.
Gli indagati risultano legati, a vario titolo, al cartello criminale camorristico denominato Mazzarella-Caldarelli-Buonerba attivo nella zona centrale della città, in particolare nei quartieri Forcella e Case Nuove.
L’ordinanza rappresenta il culmine di una attività di indagine portata avanti, a fari spenti, dal personale della Squadra Mobile di Napoli, dei commissariati Poggioreale e Vicaria-Mercato e coordinati dalla Dda, avviata nell’aprile 2023. Quando, cioè, sul tavolo del pool antimafia napoletano, è approdata la denuncia di un imprenditore edile, che agli investigatori della polizia ha raccontato l’incubo vissuto tra reiterate aggressioni e minacce, con finalità estorsive, che è stato costretto a subire per mano degli indagati.
Il provvedimento eseguito è una misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione, e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e,quindi, presunte innocenti fino a sentenza definitiva.
Il reggente torna in carcere
Tra i destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere spicca Luciano Barattolo, 31 anni, che la Dda considera reggente del clan Mazzarella. Un curriculum criminale di tutto rispetto, il suo: nell’ottobre 2015 divenne irrevocabile la condanna a otto anni di reclusione in quando ritenuto partecipe del clan Mazzarella, del clan citato, col ruolo di promotore, direttore e organizzatore poiché suo capo zona nelle aree di Poggioreale e rione Sant’Alfonso, detta anche Connolo, oltre che responsabile di altri reati in materia di armi. Scarcerato nel giugno 2022, all’epoca dei fatti contestati nell’ordinanza del blitz di ieri, Barattolo era in libertà vigilata. Il suo ritorno nel quartiere fu subito inteso come uno snodo che rafforzò l’assetto dei Mazzarella in una zona in fermento. Gli investigatori gli stavano addosso da tempo. Sospettavano che si sarebbe rimesso subito all’opera, in cima alle gerarchie del clan. Un passo falso e sarebbe finito di nuovo nei guai. E infatti è andata proprio così: per lui si riaprono le porte del carcere.
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