NAPOLI – Un ponte di solidarietà tra Napoli e l’Ucraina, che oggi affronta la durissima sfida della guerra, è in piedi da decenni. E’ stato costruito ai tempi della catastrofe nucleare di Chernobyl, quando alcune associazioni napoletane hanno aderito al progetto nazionale e internazionale creato per far respirare aria pulita ai bambini della zona colpita dalle radiazioni. Dal 1991, cinque anni dopo l’incidente che ha reso centinaia di chilometri inabitabili, Uniti per la Vita accoglie i piccoli cittadini ucraini. E ora non si tira indietro. Kiev brucia e resiste. Chi ha teso la mano allora, lo fa ancora adesso. “Stiamo raccogliendo le adesioni per portare i bambini via da lì – racconta Nicola Florio, che cooperando con la parrocchia del Redentore di Ercolano porta avanti da 31 anni l’iniziativa – In questa fase abbiamo il problema di individuare i corridoi umanitari giusti, abbiamo preso contatti con la Croce Rossa e con la Chiesa per capire da dove partono i bus, siamo in attesa di informazioni. Siamo in contatto continuo con la nostra referente che sta preparando gli elenchi. Molti non possono muoversi perché le strade sono sbarrate dai carri armati, c’è una situazione di grande paura. Qui sono già 25 famiglie pronte a ospitare i bambini della zona di alienazione di Chernobyl. Ma in un momento così delicato le porte sono aperte a tutti. Speriamo di avere più adesioni e di poter mettere in salvo sempre più persone”, ha concluso Florio. Gli appelli, tramite associazioni e parrocchie, si stanno moltiplicando in queste ore. L’ex Opg di Napoli si sta attivando per assistere i cittadini ucraini già presenti in Campania o in arrivo per consentire loro di ottenere lo status da rifugiati. E non si contano raccoglie fondi e di beni da inviare nel Paese assediato dalle truppe inviate da Vladimir Putin. Mentre sulle sponde del fiume Pripyat vanno avanti i negoziati, il mondo aspetta con il fiato sospeso. Ma la solidarietà, quella no, non aspetta neanche un’ora.