NAPOLI – Al lungo elenco di morti bianche vanno aggiunti, purtroppo, un altro nome e un’altra storia. Quelli di un uomo che, uscito per recarsi al lavoro, non farà mai più rientro a casa. Incidente mortale, ieri mattina, nel cantiere della metro in via Giaime Pintor, al confine tra Secondigliano e Miano. Un operaio di 60 anni è stato travolto e ucciso da un furgone in retromarcia. E’ successo intorno alle 6. Allertate dai lavoratori, sul posto sono giunte le forze dell’ordine. I primi a intervenire sono stati gli agenti del commissariato di polizia di Secondigliano, ubicato sul Corso, distante un paio di minuti dal luogo del dramma, stradina che collega Secondigliano, Capodichino e Miano. Insieme agli uomini in divisa, i soccorritori del 118. Purtroppo l’operaio era già morto. Si è proceduto quindi all’identificazione della vittima. A perdere la vita Giovanni Egizio, classe ‘63, nato a Castello di Cisterna e residente a Brusciano. “Padre di famiglia esemplare e grande lavoratore”, così lo descrive Giacomo Romano, sindaco della cittadina dell’area nolana. Molto conosciuto in paese, Giovanni lascia un vuoto nella comunità locale.
Le indagini
L’incidente si è verificato alle 6. Giovanni aveva da poco iniziato la sua giornata di lavoro. Il cantiere dell’Eav era, come al solito, pieno di operai. C’è una stazione della metropolitana – che collegherà Piscinola e Capodichino da realizzare entro la fine del 2024. Il solito viavai di persone e veicoli. Tra questi, un camioncino guidato da un collega. La retromarcia è stata fatale al 60enne. E’ morto sul colpo. La Procura ha aperto un’inchiesta. La tragedia di Giovanni Egizio ricorda molto da vicino quando accaduto meno di un mese nel deposito dell’azienda Asia in via Galileo Ferraris. Era la mattina del 14 settembre quando un operaio di 66 anni fu travolto e ucciso da un camion dei rifiuti. Cosa c’è alla base di questi incidenti? Le indagini, anche in questo caso, guardano alle misure di sicurezza all’interno dei cantieri.
“Serve il reato di omicidio sul lavoro”
NAPOLI (dc) – Dieci maggio 2019, Sant’Antimo: il solaio di una vecchia distilleria in disuso crolla. C’è polvere ovunque. Si sentono le sirene dei carabinieri e dell’ambulanza. Urla e disperazione, poi la verità: le macerie nascondono il corpo senza vita di Giuseppe Dell’Omo, 54 anni, operaio, ma soprattutto marito e padre. Le lancette della sua famiglia sono ferme a quel giorno. Il dramma di ieri mattina è una ferita non ancora rimarginata per la famiglia Dell’Omo. “Da figlio di un eroe deceduto sul lavoro, ogni giorno seguo queste vicende, e ormai sentire sempre le stesse formule e frasi come ‘morti bianche’, ‘si deve fare di più’, ‘servono leggi certe’, ‘servono controlli’, mi provocano solo ancora più dolore. Il motivo? Perché si interviene solo quando muore un lavoratore e si esternano frasi di circostanza che nel concreto a nulla servono”.
A parlarci è Santo Dell’Omo, figlio di Giuseppe, che da quel drammatico giorno di quattro anni fa si batte contro le tragedie sul lavoro attraverso l’associazione intitolata al papà.
“Nel concreto – dichiara Santo – servono in primis assunzioni per gli organi ispettivi, leggi chiare e certe, pene certe come l’introduzione dell’omicidio sul lavoro che oggi non viene equiparato all’omicidio stradale. Le leggi attualmente sicuramente non sono idonee, anzi in alcuni casi agevolano chi non le rispetta. Basti pensare a quante imprese non hanno la minima idea di cosa sia la sicurezza sul lavoro, in ogni suo aspetto. I corsi di formazione? Parliamoci chiaro, vengono spesso eseguiti sulla carta e nemmeno un’ora reale di formazione generalizzata e/o specifica per particolari lavorazioni”.
“Inoltre – aggiunge – con l’associazione dedicata a mio padre, cerchiamo proprio di informare quante più persone (operai, imprese, professionisti) dei gravi rischi per loro stessi e per gli altri. In realizzazione, infatti, vi è una piattaforma web proprio per questo, per informare, sensibilizzare, prevenire, dialogare con chi non ha voce su questo tema. Piattaforma che sarà gratuita. Avremo una sezione nella quale forniremo informazioni chiare sulle leggi a favore di chi subisce una tragedia come questa, ai figli, alle mogli, ai padri, in generale ai parenti delle vittime. Quanti operai potrebbero realmente lamentarsi con il proprio datore di lavoro? Pochi. Il motivo? Il giorno successivo sì ritroverebbero senza lavoro, e quindi sono costretti a coesistere con chi elude le disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”. Di recente Santo Dell’Omo è riuscito a ottenere un riconoscimento da parte del Comune di Sant’Antimo. “Per sensibilizzare su questo tema abbiamo chiesto all’Ente di intitolare uno spazio pubblico ai caduti sul lavoro, e questo è stato concesso per la villa di via Crucis. La stessa verrà ripristinata con i fondi Pnrr con il bando già reso pubblico. Per questo traguardo ringraziamo la commissaria attualmente in carica, la dottoressa Gabriella D’Orso, molto sensibile su questo tema. Servirà a risolvere l’emergenza e a ridurre le morti sul lavoro?? Ovviamente no, ma sono piccoli passi per compiere traguardi a lunga distanza, far capire alla gente comune e soprattutto a chi delinque, che lo Stato è presente e vigile su questo tema che conta in media ogni giorno tre morti sul lavoro. Oggi, in Italia la mafia conta meno morti di quelli citati”. Santo lancia un appello che è ha l’obiettivo di far riflettere: “E’ ora di cambiare mentalità di tutti: organi di Stato, cittadini, datori, committenti, professionisti, imprenditori e di chi subisce tali tragedie, perché è proprio l’unione di tutti quanti che potremmo alzare la voce per porre rimedio almeno in buona parte a questa sciagura”.
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