In tutta Italia, da nord a sud, le piazze e i borghi si sono animati con una particolare forma di decorazione natalizia: alberi monumentali realizzati interamente all’uncinetto. Queste creazioni sono il frutto di un lavoro collettivo che ha unito intere comunità, riscoprendo un’arte manuale antica e trasformandola in un simbolo di sostenibilità e coesione.
Il progetto di Trivento, in Molise, è diventato una vera e propria icona nazionale. Con i suoi sei metri di altezza e le 1.300 mattonelle di cotone, quest’opera è rimasta accesa tutto l’anno come emblema del paese. Il suo successo ha ispirato iniziative simili in tutto il mondo, dal Belgio al Brasile, dimostrando la forza comunicativa dell’idea.
Questa tendenza ha dato vita a vere e proprie sfide dimensionali. A San Prospero, in provincia di Modena, è stato innalzato quello che è stato descritto come l’albero all’uncinetto più grande d’Italia, con un’altezza di oltre 13 metri e un peso di circa 100 chilogrammi di filato. Simili per imponenza sono state le installazioni di Ostuni (Brindisi) e Orta di Atella (Caserta), entrambe alte circa 12 metri e realizzate grazie al contributo di migliaia di pezzi fatti a mano, come centrini o piastrelle.
Il cuore di queste iniziative è stato lo spirito di collaborazione. A Ponzano (Treviso), le “ragazze del ’58” hanno lavorato i filati, mentre gli uomini del paese hanno costruito la struttura portante. A Montone di Mosciano Sant’Angelo (Teramo), l’associazione “Le amiche della torre” ha impiegato 750 gomitoli per un totale di 9 chilometri di lana. Iniziative simili, che hanno coinvolto gruppi di donne e giovani, hanno visto la luce anche a Cropalati (Cosenza) e Favara (Agrigento).
La creatività ha assunto forme diverse e originali. A Gemona (Udine), non è stato realizzato un solo albero, ma un intero villaggio natalizio diffuso, con decine di opere più piccole che hanno decorato negozi e vetrine del centro. A Camerano, vicino ad Ancona, l’idea è nata da una sfida virtuale e si è concretizzata grazie al lavoro di centinaia di donne che hanno aderito al progetto sin dalla primavera.
Questi progetti hanno dimostrato come una tecnica tradizionale possa diventare un potente strumento di aggregazione. Hanno valorizzato il “fatto a mano” come alternativa sostenibile ai consumi di massa, promosso l’inclusione coinvolgendo persone di tutte le età e rafforzato il senso di appartenenza al proprio territorio.





















