COSENZA – Nella prima mattinata odierna, polizia, carabinieri e guardia di finanza stanno eseguendo, su mandato della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, fermi nei confronti di 18 persone appartenenti ai due principali clan di ‘ndrangheta operanti a Cosenza e ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di omicidio, estorsione (tentata e consumata, vari episodi), porto e detenzione abusivi di arma (diversi episodi), ricettazione, spaccio di sostanze stupefacenti, usura (diversi episodi), lesioni, tutti aggravati dalle modalità mafiose. I dettagli verranno comunicati nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle 11 presso la procura della Repubblica di Catanzaro alla presenza del procuratore capo Nicola Gratteri e dei vertici delle forze dell’ordine.
Le indagini
Gli inquirenti e le forze dell’ordine hanno di fatto decapitato i due clan egemoni di ‘ndrangheta a Cosenza, con l’operazione denominata ‘Testa del serpente’, coordinata dal procuratore Nicola Gratteri, dal procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e dal sostituto, Camillo Falvo.Il provvedimento di fermo riguarda 18 esponenti di vertice delle principali organizzazioni criminali di tipo mafioso operanti a Cosenza: il clan di Lanzino-Ruà-Patitucci, detto anche ‘clan degli Italiani’, e il clan degli ‘Zingari’ o gruppo Abbruzzese.
Gli indagati
Gli arrestati sono Luigi, Antonio, Marco, Nicola e Franco Abbruzzese, Antonio Marotta, Francesco Casella, Antonio Bevilacqua, Antonio Colasuonno, Claudio Alushi, Adamo Attento, Roberto Porcaro, Carlo e Giovanni Drago, Alberto e Danilo Turboli, Andrea D’Elia e Pasquale Germano. Tutti sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di omicidio, estorsione (tentata e consumata), nei confronti di numerosi titolari di attività commerciali e imprenditoriali situate nel cosentino, porto e detenzione illegali di numerose armi anche da guerra, reati in materia di stupefacenti, usura ai danni di imprenditori che versavano in stato di bisogno, lesioni.
Si tratta di condotte tutte poste in essere dagli indagati avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della conseguente condizione di assoggettamento ed omertà delle vittime, sottolineano gli inquirenti, a vantaggio dei due clan criminali.
LaPresse