Salute: nicotina nel sangue, in un test la chiave per smettere di fumare

Grazie ad un test del sangue o della saliva si potrà individuare il metabolismo della nicotina nel sangue e la relativa strategia per l'addio al fumo

VENEZIA – Una buona notizia per i fumatori che vogliono lasciare le ‘bionde’. Arriva da Venezia grazie ad studio condotto su oltre cento fumatori italiani. Un test sulla saliva o del sangue per capire e intervenire sul il metabolismo della nicotina nell’organismo che potrebbe aiutare a individuare la strategia più adatta quando si vuole smettere di fumare. In un prossimo futuro, dunque, abbandonare le sigarette sarà forse un po’ più facile. Grazie a strategie davvero su misura, individuate con semplici test che misurino quanto rapidamente l’organismo smaltisce la nicotina.

Lo studio

Da uno studio su oltre 100 fumatori italiani si evince per la prima volta che gli individui con un metabolismo della nicotina più rapido hanno un minor rischio di dipendenza rispetto ai fumatori con metabolismo più lento. Nonostante le abitudini al fumo siano simili. È quanto emerge dal primo studio italiano sulla correlazione fra la velocità del metabolismo della nicotina e il grado di dipendenza dal fumo. Lavoro condotto dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Pisa. E presentato in occasione del XIX Congresso Nazionale della Società Italiana di Pneumologia (Sip) a Venezia.

L’Oms

Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, ogni anno perdono la vita oltre 7 milioni di persone per i danni causati dal fumo. E di queste circa 890mila vittime sono non fumatori esposti al fumo passivo. Il fumo attivo rappresenta in Italia la principale causa di mortalità prevenibile: le stime parlano di oltre 70mila decessi ogni anno, di cui il 25% riguarda individui di età compresa tra 35 e 65 anni

I dati

“Purtroppo smettere di fumare è ancora molto difficile – afferma Stefano Nardini, presidente della Sip – la maggior parte dei fumatori non riesce a farlo da sé e anche con l’aiuto di trattamenti integrati, dal counseling ai farmaci, tanto che le percentuali di individui ancora in astinenza a 3, 6 e 12 mesi dall’ultima sigaretta sono basse, pari rispettivamente al 32%, 21% e 14%. Nel complesso, il tentativo di smettere di fumare fallisce nell’80% dei casi”.

I dati preliminari, in controtendenza rispetto a quanto noto a oggi, indicano infatti che i fumatori con un metabolismo lento della nicotina hanno una maggiore dipendenza dal fumo, tendono ad accorciare i tempi fra una ‘bionda’ e l’altra. Hanno bisogno di più sigarette per soddisfare il desiderio di fumare. Per questi soggetti potrebbe perciò essere indicato un trattamento che fornisca dosi costanti di nicotina. Per esempio un cerotto, in modo da ridurre il desiderio della sostanza e facilitare la disassuefazione.

I dati dello studio “andranno confermati e approfonditi, ma sono importanti perché potrebbero indicare strategie più su misura per aiutare chi vuole smettere ad abbandonare il fumo una volta per tutte”, sottolinea Laura Carrozzi, coordinatrice della ricerca e associato di Malattie respiratorie all’Università di Pisa.

Un intervento ad hoc

“A oggi – continua Nardini – non esistono indicazioni su quale farmaco sia da considerarsi più efficace. Né è chiaro quali fumatori possano trarre maggiori benefici da uno o dall’altro trattamento. Lo studio della velocità di smaltimento della nicotina attraverso un test sul sangue o sulla saliva potrebbe rivelarsi perciò un metodo relativamente semplice. Utile per individuare coloro per i quali è più difficile smettere a causa di una dipendenza più marcata, così da intervenire in maniera più incisiva”.

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