CASAL DI PRINCIPE – Venne assassinato il primo febbraio del 1995: Domenico Cioffo fu ucciso a San Cipriano d’Aversa. E per quel delitto, ieri, il giudice Marco Discepolo Tribunale di Napoli ha emesso, con rito abbreviato, cinque condanne. Trent’anni di reclusione a testa per Valter Schiavone, fratello di Sandokan, 63enne di Casale, e Vincenzo Zagaria, 68enne di Casapesenna, che, in qualità di capi del clan dei Casalesi, secondo l’accusa, diedero l’ordine di assassinare Cioffo. Trent’anni anche per Raffaele Diana, detto Rafiliotto, 72enne di Casale, perché nell’agguato svolse il ruolo di specchiettista, essendosi occupato della localizzazione della vittima e della comunicazione dei relativi spostamenti. Gli esecutori materiali dell’omicidio, Giuseppe Misso e Nicola Panaro, entrambi di Casale e ora collaboratori di giustizia, hanno incassato 10 anni.
L’assassinio, hanno ricostruito gli inquirenti, va inquadrato nella faida che vedeva da un lato il clan dei Casalesi, guidato da Francesco Sandokan Schiavone, dall’altro i Quadrano. Uno scontro che causò morti su morti. E tra quelle vittime ci fu, appunto, pure Domenico Cioffo, ritenuto legato ai Quadrano. Nel collegio difensivo degli imputati, gli avvocati Pasquale Davide De Marco, Pasquale Diana, Maurizio Balzano, Maria Di Cesere e Antonio Di Micco. L’indagine su questo delitto, coordinata dal pm Simona Belluccio, ha coinvolto anche Francesco Compagnone: avrebbe messo a disposizione del commando per almeno due giorni la sua casa di San Cipriano d’Aversa, così da consentire agli esecutori di parcheggiare la macchina utilizzata per l’omicidio, depositare le armi usate per l’esecuzione, aprire e chiudere il portone all’ingresso e all’uscita del commando e fornire successiva copertura ai killer occupandosi anche di far sparire la macchina usata. Ma, a differenza degli altri imputati, ha scelto di affrontare il dibattimento.