NOMI E FOTO. Ispettore di polizia di 58 anni accoltellato e ucciso dal figliastro

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Ciro Luongo (vittima) e Roberto Marchese

MELITO – Una serata come tante, una vita come tante. Una cena in famiglia, poi una lite, una discussione via via sempre più accesa, e l’epilogo – un dramma vero e proprio, una tragedia familiare – difficile da commentare. Un uomo di 58 anni è stato ucciso, ieri sera, nella sua abitazione in via delle Margherite, dove Melito incontra Mugnano e Giugliano, su un fianco della Circumvallazione esterna e a due passi dalla stazione della metropolitana. Sul posto intervengono i carabinieri della compagnia di Marano che avviano subito le indagini. In questi casi la prima cosa da fare è identificare la vittima. E la vittima è un uomo dello Stato, un uomo che ha come divisa una seconda pelle: un ispettore di polizia. Si chiamava Ciro Luongo e aveva 58 anni, nato e cresciuto nel rione Gescal di Miano. Una lunga, onorata e brillante carriera alle spalle.

Una vita semplice spezzata in una calda serata agostana. Luongo è stato ammazzato con un’arma da taglio. Da chi? La risposta a questa
domanda rende il tutto ancor più agghiacciante. A ucciderlo, secondo quando ricostruito subito dagli investigatori dell’Arma dei carabinieri, è
stato il figliastro, Roberto Marchese, un ragazzo di appena 21 anni da compiere il prossimo 28 dicembre, poi scappato subito dopo aver inferto al patrigno le pugnalate fatali. I carabinieri si mettono all’istante sulle tracce di Marchese, scandagliando da cima a fondo la zona del Giuglianese, fino a spingersi nell’area flegrea. E lo catturano nel giro di un paio d’ore al massimo, scovandolo a Bacoli, con le sirene che interrompono il silenzio.

Ma perché il giovane ha compiuto un gesto così efferato? Perché da ragazzo per bene, da figlio di una famiglia per bene, si è trasformato in assassino in una notte di mezza estate? I carabinieri, abili nel ricostruire il quadro mentre cercavano il killer, fanno filtrare un dettaglio che ha dell’incredibile: alla base delle coltellate c’è una lite in famiglia, un diverbio scaturito da futili motivi. Non su qualcosa di irrisolvibile, però. La verità emergerà più tardi. La giornata di Marchese, ad ogni modo, si conclude in manette. Quella appena trascorsa è stata la sua prima notte in carcere. La sensazione è che ne seguiranno tante altre. Il ragazzo è accusato di omicidio. Ha ucciso a sangue freddo il compagno
di sua madre, un poliziotto, profondo conoscitore delle tecniche di difesa personale. Lo ha fatto accoltellandolo all’ora di cena. Come in una
di quelle tragedie familiari che, fino a ieri pomeriggio, per lui erano soltanto inchiostro sui giornali.

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