POZZUOLI – Il ritorno del clan sanguinario: estorsioni, droga e raid punitivi. Arrestati in 9, mandava ordini dal carcere il boss “Gennarino”.
Di fronte alla ferocia con cui il clan Sannino gestiva il territorio di Monteruscello e Toiano, l’omertà diventava sopravvivenza. Estorsioni, droga, pestaggi: chi osava “sgarrare” veniva punito senza pietà. Anche dal carcere, il boss continuava a tirare i fili di una rete criminale radicata e feroce. Le ombre del clan Longobardi-Beneduce tornano a farsi minacciose, in una nuova ondata di violenza e controllo criminale che ha insanguinato quartieri e lasciato dietro di sé una scia di paura. Al centro di tutto c’era lui, Gennaro Sannino, detto “Gennarino”, 51 anni, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine e ras indiscusso di Monteruscello. Da un carcere dove era detenuto per estorsione a un cantiere nautico di Licola, continuava a impartire ordini, a decidere chi punire e chi proteggere.
Un vero e proprio capo, capace di governare con spietata lucidità anche a distanza. Nove persone sono finite in manette ieri mattina all’alba, in seguito a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Rosamaria De Lellis del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia e a seguito di un’indagine certosina portata avanti dai carabinieri della compagnia di Pozzuoli. In totale, tredici gli indagati, tra arrestati e persone a piede libero. Non si trattava di una semplice organizzazione dedita allo spaccio o alle estorsioni. Il gruppo criminale agiva secondo una logica di potere assoluto, con linciaggi, raid punitivi, minacce e pestaggi brutali verso chiunque infrangesse le regole non scritte del clan. A chi prova va ad alzare la testa, o a non rispettare le spartizioni, veniva riservato un trattamento esemplare. Un codice di violenza e vendetta, orchestrato con freddezza. Il territorio di riferimento era vasto: Monteruscello, Toiano, e persino una diramazione a via Napoli, dove lo spaccio era affidato a Bruno Iannaccone, uno degli arrestati. L’altro terminale era Vincenzo Perillo, alias “Pippo Baudo”, figura storica dei Longobardi-Beneduce, già condannato in passato, che gestiva le attività nel quartiere popolare di Toiano.
Dopo l’arresto di Giuseppe Cammino, è stato proprio Sannino a prendere in mano le redini della nuova alleanza criminale. Oltre al boss Sannino, l’ordinanza in carcere ha colpito Luigi Sannino, 24 anni, suo figlio, già detenuto per il tentato omicidio di Raffaele Di Francia, alias “Lello ‘o pollo”; Patrizia Tizzano, 49 anni, moglie del boss, che con il figlio ha guidato il clan durante la detenzione del marito; Gabriele Goglia, 36 anni, detto “a ninna”; Luigi Pio Sannino, 26 anni; Vincenzo Perillo, 48 anni, “Pippo Baudo”; Leonardo Perillo, 23 anni; Bruno Iannaccone, 22 anni; Mattia Esposito, 24 anni. Indagati a piede libero Francesco De Felice, 54 anni, detto “paluoffo”; Francesco Imperatore, 27 anni; Christian Perreca, 23 anni; Gianluca Maione, 42 anni, operatore socio-sanitario. Una struttura piramidale, saldamente in mano alla famiglia Sannino, con ramificazioni in ogni attività criminale redditizia del territorio: dallo spaccio all’estorsione, fino al controllo dei cantieri e
alle “mazzette” imposte agli imprenditori locali. Un clan che aveva trovato la sua forza nella violenza e nel controllo capillare, ma anche nella capacità di mimetizzarsi.