CASAL DI PRINCIPE – Tre nomi. Paolo Panaro, fratello del boss pentito Nicola, Walter Schiavone, figlio del capoclan Francesco Sandokan, e Tommaso Zara: per i carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta sarebbero loro i responsabili dell’assassinio di Carlo Amato, una tesi che hanno messo nero su bianco in un’indagine del 2019. Su quel delitto Nicola Schiavone, collaboratore di giustizia dal 2018, non ha fornito informazioni. Ai magistrati ha riferito di non averne mai parlato né con il fratello Walter né con altre persone del clan. Ma i militari dell’Arma sono riusciti a tracciare ugualmente il profilo di chi la sera del 19 marzo 1999, nel Disco Club di S. Maria Capua Vetere, avrebbe causato (o contribuito a causare) la morte di Carlo. Lo hanno fatto basandosi sulle dichiarazioni di altri collaboratori di giustizia. E tra gli ultimi che hanno parlato del delitto avvenuto durante il Mak P del liceo Amaldi è stato Mario Iavarazzo. Informazioni le sue non dirette. Tutto ciò che sa glielo avrebbe detto Massimo Russo Paperino, fratello del boss Giuseppe ‘o Padrino, agli inizi degli anni Duemila. “Stavamo parlando della sorella di Michele Della Gatta quando Massimo mi disse che Vincenzo Schiavone alias Petillo aveva dovuto uccidere Michele per dare soddisfazione alla famiglia Amato e fare ricadere su di lui la colpa dell’omicidio”. Carlo era il figlio di Salvatore Amato, ora collaboratore di giustizia, ma all’epoca esponente della criminalità sammaritana. “Fu in tale occasione – ha proseguito Iavarazzo – che Massimo mi disse che l’omicidio fu commesso da Paolo Panaro, Walter Schiavone e Tommaso Zara. Quindi Russo aveva queste informazioni – ha chiarito Iavarazzo – perché era stato coinvolto nelle discussioni successive alla realizzazione dell’omicidio e nei tentativi di appianare la situazione venutasi a creare con la famiglia Amato. Massimo mi disse anche che l’omicidio di Amato era avvenuto per futili motivi, nel corso di un litigio in discoteca per questioni di ragazze. Nella stessa occasione Massimo mi disse pure che l’omicidio di Della Gatta oltre che da Petillo era stato commesso da Vincenzo Schiavone detto Copertone (deceduto, ndr)”.
Le parole di Iavarazzo, dette a luglio 2020, vanno a riscontrare (in parte) quelle che alla Dda aveva riferito Umberto Venosa nel 2014 e nel 2015. Ad indicargli chi avrebbe ucciso il sammaritano fu proprio Michele Della Gatta. “Era stato accusato dell’omicidio avvenuto in discoteca. Ma mi aveva detto che chi in realtà aveva ucciso il ragazzo era stato Paolo Panaro detto Camardone”. E sempre Della Gatta a Venosa avrebbe spiegato cosa innescò la tragedia. “Mi raccontò che Paolo aveva fatto delle avances alla fidanzata di Carlo Amato. Carlo Amato lo picchiò e Paolo – ha aggiunto Venosa riportando le parole di Della Gatta – voleva vendicarsi. Presenti in discoteca erano anche Walter Schiavone, Lucio, figlio di Cicciariello Schiavone, che cercava di portare a casa Panaro”. In un primo momento ci riuscì, ma successivamente il fratello di Nicola Panaro sarebbe rientrato nel locale: “Localizzò Carlo in bagno e con un coltello – ha chiarito Venosa – lo colpì mentre Della gatta invano lo inseguì per bloccarlo. Della Gatta mi disse che voleva anche andare a costituirsi dalla polizia e raccontare quello che era successo, ma aveva paura che per ritorsione gli avrebbero ucciso qualche familiare e pertanto si rifugiò a Baia Verde”.
Toccherà adesso alla Dda decidere se usare il lavoro dei carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, ritenendolo solido per un eventuale processo, o non sfruttarlo ancora, aspettando magari di raccogliere ulteriori elementi sull’assassinio avvenuto 22 anni fa. La Procura ha già deciso di procedere, invece, nei confronti dei presunti autori dell’omicidio di Della Gatta, fatto di sangue, secondo gli inquirenti, connesso proprio alla scomparsa di Amato. L’esecutore materiale sarebbe stato Vincenzo Schiavone ‘o Petillo. A commissionarlo, invece, Michele Zagaria e Antonio Iovine. E secondo i pm Vincenzo Ranieri, Simona Beluccio e Luigi Landolfi diedero l’ordine di eliminarlo per proteggere i figli di Sandokan. Temevano che Della Gatta in caso di arresto avesse potuto pentirsi e tirarli in ballo nell’accoltellamento del sammaritano. Zagaria, Iovine e ‘o Petillo hanno ricevuto nelle scorse settimane l’avviso di conclusione delle indagini preliminari: adesso rischiano il processo.