Omicidio Magrino, spunta una fattura da 740mila euro intestata alla vittima

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Luigi Magrino e Giancarlo Pagliaro

MONDRAGONE – Di spiegare l’origine e il motivo della sua frequentazione con Luigi Magrino, l’imprenditore Giancarlo Pagliaro non ha voluto saperne: nel corso dell’udienza di convalida, non se l’è sentita di entrare nei dettagli. Ha ammesso di averlo ucciso, ha raccontato che la pistola usata – poi sparita – gli era stata mostrata proprio dalla vittima per intimidirlo e ha chiarito che c’era stata una colluttazione. Ha concluso le dichiarazioni spontanee rimarcando che la sua azione violenta era stata dettata da un momento “concitato e confuso”. Poi il silenzio.

Minacce, soldi e violenze: parlano i testimoni. Una truffa da mezzo…

E in attesa che l’indagato decida di riprendere a parlare e far luce sui punti oscuri di questa tragedia, l’inchiesta dei carabinieri del Reparto Territoriale di Mondragone va avanti. Tra i recenti elementi raccolti dai militari, che possono aiutare a ricostruire la relazione tra l’indagato e Magrino, è saltata fuori una fattura: è stata trovata nel corso di una perquisizione al veicolo utilizzato dall’uomo d’affari. Era riposta in una busta trasparente. Il documento contabile era stato emesso dalla società Franchino Mario & Co., riconducibile a Pagliaro, patron del noto mobilificio Franchino, proprio in favore di Magrino. E l’elemento sorprendente è la somma riportata sulla fattura: 743mila euro. Non è da escludere che possa c’entrare con il presunto movente dell’omicidio riferito da alcuni conoscenti di Pagliaro.

Un amico dell’indagato, che si trovava presso la stazione di servizio al momento della lite sfociata nel sangue, ha raccontato agli investigatori che Giancarlo Pagliaro aveva iniziato ad avere problemi economici, acuiti da un controllo della guardia di finanza conclusosi con una pesante sanzione. L’imprenditore avrebbe preso contatti con Magrino perché quest’ultimo gli aveva promesso di procurargli la somma di cui necessitava – circa 600mila euro – ma, per ‘sbloccarla’, erano necessari dei soldi (per attivare una polizza) che Pagliaro gli avrebbe dato.
In poco tempo, però, queste richieste si sarebbero rivelate, secondo l’amico dell’indagato, una truffa, e Magrino avrebbe iniziato persino a estorcere denaro a Pagliaro.

La fattura c’entra qualcosa in questo ipotizzato giro? A questo quesito stanno lavorando i militari dell’Arma coordinati dal pubblico ministero Stefania Pontillo. Altro nodo da sciogliere è la pistola: Pagliaro ha detto che non era sua, che non avrebbe saputo neppure caricarla, ma è sparita. Sul luogo del delitto, dove Pagliaro sostiene di averla fatta cadere dopo aver esploso almeno due colpi calibro 6.35, non è stata trovata. Per rintracciarla, i carabinieri – oltre a visionare le telecamere della zona – hanno già effettuato delle perquisizioni presso le abitazioni di due congiunti dell’imprenditore, ma l’esito è stato negativo. Ad oggi, Giancarlo Pagliaro si trova in carcere in via cautelare: il giudice Rosaria Dello Stritto, accogliendo la tesi degli avvocati Antonio Miraglia e Alfonso Quarto, ha ritenuto che si sia trattato, stando al materiale probatorio a disposizione, di un delitto d’impeto, e non premeditato, né generato da futili motivi. Ma resta un gesto violentissimo, atroce, che ha evidenziato una mancanza di autocontrollo da parte dell’indagato, da qui la necessità di una misura cautelare in carcere.

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