ROMA – È ufficiale, la corsa per le primarie Pd del 3 marzo è a tre, con Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti.
In parallelo, corre da outsider Carlo Calenda, che ha incassato il Sì unitario al manifesto ‘Siamo europei’. Punta a portare, chiunque sia il segretario, un bacino di voti ‘esterno’ al partito, rivolgendosi principalmente ai movimenti europeisti. Non ha avuto un’adesione unanime semplice: c’è un contromanifesto degli europarlamentari Pd che a Calenda non piace.
Pd, Calenda cerca di ricucire lo strappo
La giornata inizia con l’ombra di uno strappo: “Se il documento dei parlamentari europei Pd si confermerà come un’operazione contro ‘Siamo Europei’, ne prenderò atto. Non possiamo combattere su 10 fronti”, scrive chiedendo chiarezza. Poi con le ore il fronte si ricompatta sulle posizioni dell’ex titolare del Mise.
Alla convenzione nazionale ci sono molte sedie vuote che pesano: mancano Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, ma anche Andrea Orlando, Paolo Gentiloni, Enrico Letta, Romano Prodi e Walter Veltroni.
Primarie, è sfida tra Martina e Zingaretti
Martina (che ha incassato il 36,10% delle preferenze) e Zingaretti (che l’ha superato, arrivando al 47,38%) gridano all’unità, mentre Giachetti, con il suo 11,3%, prova a fare il miracolo, si smarca e gioca una partita tutta sua: “Non è il congresso il momento dell’unità”, dice, quello verrà dopo. Nei giorni del congresso, piuttosto, “devono emergere le diversità”. La sua “diversità” la rivendica fino in fondo perché “è la vivacità del dibattito politico”. Vuol dimostrare che un voto per Zingaretti vale un voto per Martina: tanto è convinto della sua strategia, che propone confronti diretti in tv e nelle piazze.
La provocazione al governatore del Lazio
Poi provoca Zingaretti, che aveva dichiarato di aver trovato un partito in macerie: “Il Pd è vivo, con la voglia di riscossa, altro che macerie. Ci sono persone che combattono. Basta dire di noi cose che nemmeno i nostri avversari direbbero”.
Ricorda i numeri che dimostrano quanto sia in vita: “Il M5s ha indicato il proprio leader con 37mila click, senza la fatica di andare nei circoli, a discutere e votare”. Solo per le convenzioni, i votanti del Pd sono stati circa 190mila: “Un discorso partecipato che non ha paragoni nella politica”.
Martina contro Salvini, Di Maio e Berlusconi
Di tutt’altra idea Maurizio Martina, che sposta il dibattito all’esterno del Pd: i suoi avversari, tiene a precisare, non sono Giachetti e Zingaretti, ma Salvini, Di Maio, Berlusconi e “questo governo incompetente e bugiardo che sta portando il Paese in una crisi drammatica”. Al ministro dell’Interno, in particolare, non fa sconti e minaccia una mozione di sfiducia: sul caso Diciotti ha “violato la legge nel fare il suo lavoro”, sottolinea.
Migranti, il caso Sea Watch ha ricompattato il Pd contro il governo
La vicenda la conosce bene, è stato in prima linea a Catania così come qualche mese più tardi sulla Sea Watch. Si dice orgoglioso di essere stato presente in entrambe le occasioni, “in nome e per conto di una comunità, non come candidato ma come democratico: per rompere muro di ipocrisia”. Il Pd a cui pensa è un Pd “di combattimento”, intransigente sui valori e che “non avrà mai cedimenti nella difesa della democrazia rappresentativa”.
Nessun accordo con i pentastellati
Zingaretti dà completa ragione a Martina, sull’unità interna: “Sono in molti a domandarmi cosa ne penso dei miei avversari al Congresso. La mia risposta è sempre la stessa: ‘nel mio partito non ci sono avversari, ma concorrenti'”, racconta. E chiarisce definitivamente la contrarietà a qualsiasi accordo con il Movimento 5 Stelle: “Mi sono stancato di dire che non intendo favorire nessuna alleanza con loro”, ribadisce. Quello a cui punta, però, è riprendersi i voti dei delusi del Pd che l’anno scorso si sono riversati sui pentastellati.
(LaPresse/di Maria Elena Ribezzo)