ROMA – “Extra Ecclesiam nulla salus”, (al di fuori della Chiesa non v’è salvezza). Matteo Orfini scomoda addirittura il latino per dire la sua, sia pur in modo criptico. La ‘chiesa’ in questione – neanche a dirlo – è il Pd ma, in realtà, non tutti la pensano come lui. Matteo Renzi, infatti, è a un passo dall’addio. Gli ultimi appelli, da Franceschini a Zingaretti, passando per il fedelissimo Nardella, non lo hanno convinto.
L’ex premier, racconta chi gli è vicino, annuncerà domani il suo addio al Partito democratico. “Ormai è quasi certo, anche se con lui niente lo è”, viene spiegato. Un’intervista in edicola prima, poi la spiegazione di un “scelta difficile” nel salotto di ‘Porta a porta’. Nessuna intenzione di sabotare il Governo appena nato, anzi. Semmai l’opposto: rivendicare un ‘ruolo in commedia’, sedere al tavolo delle decisioni, farsi interlocutore di primo piano (al pari di Di Maio e Zingaretti) di Giuseppe Conte per contribuire a “orientarne la rotta” in senso “riformista”.
La nuova ‘gamba’ della maggioranza, in realtà, vanterebbe già due ministri – Teresa Bellanova, titolare delle Politiche Agricole (già in odore di ‘capodelegazione’) e Elena Bonetti, ministra per le Pari opportunità e la Famiglia – la viceministra all’Istruzione Anna Ascani e il sottosegretario Ivan Scalfarotto. Resterebbero invece dentro il Pd Lorenzo Guerini e i sottosegretari Alessia Morani, Simona Malpezzi e Salvatore Margiotta che oggi hanno invitato l’ex premier a mantenere unito il Pd.
La scissione, se alla fine si concretizzerà davvero, separerà per la prima volta le due anime del ‘renzismo’: quella ‘soft’ incarnata da Base riformista, corrente guidata da Luca Lotti e Lorenzo Guerini, e quella ‘turbo’ rappresentata da Sempre Avanti, del duo Roberto Giachetti (che oggi ha annunciato le sue dimissioni dalla direzione Pd) – Anna Ascani. E separerà per la prima volta anche gli ‘inseparabili’ Renzi e Lotti. Nessuna rottura a livello personale, viene assicurato.
I due sabato sera erano seduti uno accanto all’altro allo Stadio a Firenze per Fiorentina-Juventus. “Sono due fratelli e tali restano, solo che adesso hanno idee diverse”, dice chi gli è vicino. Amici come prima, quindi. Anche se in Base riformista sono in tanti a pensarla come Lotti e a non voler lasciare il Pd. Chi è pronto a lasciare azzarda un “morirete Franceschiniani”, ma la replica è secca: “Sciocchezze. Non moriremo franceschiniani, semmai moriremo riformisti! Ma dentro il Pd”.
Su quelli che alla fine saranno i numeri in Parlamento il pallottoliere è in costante aggiornamento fino a tarda sera. Alla Camera dovrebbero essere “più di 20 deputati” (numero minimo, da regolamento) a comporre il nuovo gruppo. “Più di 15 – racconta chi sta lavorando al dossier – verranno dal Pd, gli altri si aggregheranno dal Misto o da FI”.
Già con un piede fuori dal gruppo sarebbero Boschi, Giachetti, Nobili, Ascani, Marattin (possibile capogruppo), Anzaldi, Scalfarotto, Rosato, De Filippo, Marco Di Maio, Del Barba, Mor, Fregolent, Annibali, Nardi e Noja. Al Senato, per regolamento, non si possono fare nuovi gruppi, ma a traslocare nel Misto insieme a Renzi ci sarebbero una decina di parlamentari tra i quali Bonifazi, Faraone, Cerno, Bellanova, Comincini, Ginetti e Mauro Marino.
Al Nazareno, c’è da giurarci, domani sera la tv dello studio di Nicola Zingaretti sarà sintonizzata su Porta a porta. “Niente pop corn”, viene assicurato. “Scissioni indolori non ne esistono”, è la linea. “Parlare di separazione consensuale non ha senso – dice Enrico Letta – Francamente mi sembra difficile spiegarlo agli italiani, e siccome Renzi è intelligente lo sa benissimo. Fare la scissione non ha senso logico”. Anche Liberi e Uguali attende alla finestra le mosse dell’ex premier. Un rientro immediato nel Pd, viene assicurato, “non è all’ordine del giorno”. Del resto nemmeno ‘il partito di Renzi’ lo era. (LaPresse)