Pd, scontro Renzi-Franceschini. Veltroni: Sinistra mai così in basso

Foto Alberto Pizzoli in foto Matteo Renzi

Di Dario Borriello

Roma, 4 mag. (LaPresse) – Come da consolidata tradizione in casa Pd, la tregua è durata poco. La serenità che sembrava ritrovata dopo il voto unanime della Direzione nazionale svanisce, infatti, con il nuovo durissimo scontro interno, i cui protagonisti sono ancora Matteo Renzi e Dario Franceschini. Il primo esulta per aver contribuito a far saltare ogni accordo con il M5S, mentre il ministro della Cultura definisce il suo ragionamento “superficiale”. Alla faccia delle parole del segretario reggente, Maurizio Martina, secondo il quale il partito esce “sicuramente più forte e più unito” dalla riunione di giovedì.

Ad aprire le danze è l’ex premier, su Facebook: “Per due mesi hanno fatto i bravi, gli ‘istituzionali’ – scrive riferendosi al M5S -. Oggi capiscono finalmente di non avere i numeri per Palazzo Chigi e quindi sbroccano”. Renzi, poi, affonda ancora di più la lama nella ferita ancora sanguinante dei pentastellati: “Il Pd torna a essere un partito di delinquenti, non più il compagno di strada verso il governo” ecco perché “quando vedo certe capriole, sono orgoglioso di aver contribuito, insieme a tanti altri militanti, a evitare l’accordo” con Di Maio e soci. Un ragionamento che proprio non è andato giù a Franceschini, uno dei dirigenti favorevoli al dialogo: “Penso che la riflessione di Renzi sia superficiale e sbagliata”, le parole del titolare del Mibact. “Proprio il fatto che Grillo e 5 Stelle tornino, fallita una prospettiva di governo e avvicinandosi le elezioni, ai toni populisti e estremisti, dimostra che avremmo dovuto accettare la sfida”. Una posizione che vede sulla stessa barca anche Michele Emiliano, spaventato dalla possibilità che con la chiusura del forno col M5S il partito “si suicidi come un capodoglio sugli scogli”, mentre il deputato Francesco Boccia, molto vicino al presidente della Regione Puglia, spera ancora che Renzi possa ripensarci e riattivare un dialogo.

All’orizzonte, però, i dem avranno ben altri nodo da sciogliere. Su tutti quello di lunedì prossimo, durante le consultazioni con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Martina assicura che il suo gruppo darà il proprio contributo al lavoro del Colle, così come il vicepresidente della Camera, Ettore Rosato, e il presidente del Pd, Matteo Orfini, dichiarano pubblicamente la disponibilità a sostenere un esecutivo di tregua, a patto che tenga dentro tutte le forze politiche.

Nel dibattito sul futuro della sinistra interviene a gamba tesa anche Walter Veltroni, che senza giri di parole boccia l’Aventino e sentenzia: “Ha raggiunto il livello più basso della sua storia”. L’ex segretario mette in fila gli accadimenti degli ultimi anni, “ha perso metà dei suoi elettori, un referendum molto importante che ho sostenuto, le amministrative e le politiche”, suggerendo di fermare le bocce e “capire cosa sta succedendo”. La ricetta è quella della collegialità, ovvero Renzi dentro, ma anche Enrico Letta e tante altre personalità che oggi invece sono rimaste ai margini. Ma il Pd di oggi è costretto a vivere alla giornata, navigare a vista, perché la polemica è sempre dietro l’angolo. Almeno fino a quando non sarà risolta la questione della leadership: sia che decida di dare fiducia a un nuovo segretario, sia che si vada al Congresso anticipato. A meno di nuovi ‘coup de théâtre’ o clamorosi ritorni.

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