PECHINO – I dissidi con la Federghiaccio restano tali, ma Milano-Cortina mantiene il suo fascino irresistibile. Vuoi il desiderio di disputare un’altra edizione dei Giochi in casa, a vent’anni dal magico esordio a Torino 2006, vuoi la voglia di vincere altre medaglie e realizzare nuovi record, il “devono cambiare tante cose, sennò mi vedrete in altra veste” pronunciato da Arianna qualche giorno fa si è smussato dopo tre medaglie olimpiche in un “bisogna fare il primo passo, ovvero quello di capire che sono stati fatti degli errori”.
In questo caso però la regina dello short track azzurro si aspetta che sia la Fisg a fare la prima mossa. “Non spetta a me fare il primo passo, lo abbiamo fatto tante volte per cercare di trovare una soluzione – precisa Arianna da Casa Italia, subito dopo aver ricevuto l’ennesima medaglia capolavoro, l’argento nei 1500 – Dall’altra parte quello che vogliono fare è mettermi in una scatola, dalla quale sono dovuta uscire in questi anni per poter essere competitiva qui”. A fare le prove di pace ci ha pensato anche il presidente del Coni Giovanni Malagò. “Quello che contano sono i risultati – ha sottolineato – Non sarà né il primo né l’ultimo caso nella storia dello sport, non solo italiano ma mondiale. Ci sono visioni diverse tra atleta e federazione. E’ faticoso e complicato, ma quello che ha fatto Arianna è monumentale”. Tanto che il Cio l’ha scelta per rappresentare l’Europa nella cerimonia di chiusura dei Giochi.
La donna italiana più medagliata nella storia delle Olimpiadi intanto non fa un passo in avanti, ma nemmeno uno indietro. E ammette che “quello che c’è da cambiare non è tanto”, ricordando ad esempio che “negli ultimi quattro anni la squadra italiana ha avuto quattro allenatori diversi, questo dovrebbe far suonare un campanello d’allarme. L’ultimo allenatore se n’è andato via due mesi prima delle Olimpiadi”. Il riferimento è a Frederic Blackburn, che si è dimesso a inizio dicembre. “Ci sono buone possibilità di lavorare, se anche le persone che possono prendere le decisioni hanno la voglia di mettersi in gioco e ammettere gli errori e risolvere la situazione – ha aggiunto la fuoriclasse di Sondrio – Ma non per me, per pensare ai giovani. Abbiamo le Olimpiadi in casa, se vogliamo dare una possibilità di provare a vincere qualcosa di importante bisogna cominciare fin da subito”.
Parole chiare con un ragionamento sul domani, anomale per un’atleta che starebbe pensando di chiudere la propria carriera. “Se potessi pattinerei fino all’infinito. La voglia è tanta, perché comunque riprovare le stesse sensazioni che ho provato a Torino quando avevo 15 anni sarebbe veramente un sogno, avere i miei amici, la mia famiglia e il mio paese a bordo pista sarebbe qualcosa di unico e incredibile – ha ammesso Fontana – Per ora è un sogno, sognare non costa nulla, vedremo se poi si realizzerà”.
Ad ascoltarla, poco distante, c’è il marito-coach Anthony Lobello. Secondo lui, la valtellinese potrebbe essere competitiva anche tra quattro anni. “Non è difficile allenare una campionessa come Arianna, lei vuole vincere – ha evidenziato – La cosa più difficile è trovare la strada giusta, perché nessun atleta è uguale”. Ma con undici medaglie olimpiche al collo ce ne sono decisamente pochi.
Dell’inviato Alberto Zanello