Pizzo a imprenditore, in manette il boss pentito Massaro e la moglie

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Clemente Massaro ed Antonietta Sgambato

SAN FELICE A CANCELLO – Stava scontando l’ergastolo ai domiciliari e ne avrebbe approfittato per riprendere la routine criminale insieme alla moglie, chiedendo il pizzo agli imprenditori. Il boss Clemente Massaro, alias “o pecuraro”, 70 anni, già collaboratore di giustizia, e la moglie Antonietta Sgambato, 60 anni, detta “a sparatora”, sono stati arrestati all’alba di ieri dai carabinieri del Nucleo operativo radiomobile della compagnia di Maddaloni (guidata dal capitano Federico Arrigo), in esecuzione di un fermo disposto dal pm della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, che in questi giorni sarà vagliato dal gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere per la convalida.

L’accusa è quella di estorsione aggravata dal metodo mafioso. I due (entrambi rinchiusi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e difesi dall’avvocato Orlando Sgambati) si trovavano nella loro casa nella zona di Piedarienzo, dove vivevano insieme da circa un anno e mezzo dopo la scarcerazione di Massaro, che ha avuto il beneficio dei domiciliari per la sua collaborazione con la giustizia, pur avendo diversi omicidi a carico (la Sgambato era invece a piede libero). Massaro aveva anche il permesso di uscire di casa in determinate fasce orarie, sia di mattina che di pomeriggio. A quanto trapela, sarebbero emersi episodi di estorsione aggravata ai danni di imprenditori della provincia: in particolare una vittima sarebbe il titolare di un’azienda di Caserta che sta eseguendo importanti opere pubbliche a Santa Maria a Vico, e l’episodio estorsivo sarebbe avvenuto a febbraio scorso.

I carabinieri hanno anche perquisito l’abitazione e avrebbero sequestrato del denaro contante. Da verificare se ci siano altre vittime che non hanno denunciato: in questo caso gli arresti dei due potrebbero indurle a parlare. La figura di Massaro è legata all’omonimo clan, che è subentrato al precedente gruppo criminoso capeggiato dal boss Mario Di Paolo, protagonista, il 1° maggio 1992, della “strage di Acerra”, rappresaglia (guidata dallo stesso capoclan poi ucciso) contro il clan locale dei Crimaldi.

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