Slitta al 1° gennaio 2022 l’entrata in vigore della plastic tax che doveva partire a luglio. Lo ha deciso nelle ultime ore il governo che ha approvato una serie di modifiche al dl sostegni. La Plastic tax è una tassa del valore fisso di 0,45 centesimi di euro per ogni chilo di prodotti di plastica monouso venduto. L’imposta si applica al consumo dei manufatti realizzati con materiale plastico aventi funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci ovvero prodotti alimentari (anche in forma di fogli, pellicole o strisce) che siano stati ideati ed immessi sul mercato per un singolo impiego. Prodotti, dunque, che non siano progettati per essere riutilizzati. Alla notizia dello slittamento i vertici dell’agroalimentare hanno accolto con favore la notizia. Il presidente della Coldiretti Ettore Prandini ha espresso soddisfazione per la decisione per non gravare i cittadini e il settore agroalimentare dove si concentra il 76% degli imballaggi in plastica: “La plastic tax colpisce 2/3 della spesa a tavola in cibi e bevande delle famiglie e rischia di penalizzare a cascata l’intera filiera agroalimentare in un momento di drammatica crisi economica a causa dell’emergenza Covid”. Ma non è tutto oro ciò che luccica. Se da un lato si viene incontro alle imprese, dall’altro viene ancora una volta ritardata una rivoluzione verde ormai necessaria per proteggere il pianeta del declino. Bisogna intervenire su involucri e imballaggi, la Terra non può più sostenere questo nostro stile di vita.
Imballaggi e sprechi
L’idea di base degli imballaggi in plastica è che questo tipo di protezione riesce ad evitare il contatto del cibo con l’ossigeno, limitando l’esposizione ai microrganismi che causano il deterioramento degli alimenti. In realtà uno studio, condotto negli anni scorsi, ha dimostrato che l’utilizzo della plastica non riduce lo spreco alimentare, anzi. Il rapporto ‘Unwrapped: How Throwaway Plastic is Failing to Solve Europe’s Food Waste Problem’ si è concentrato sui Paesi dell’Unione Europea. Sono stati analizzati i dati nel decennio 2004-2014. E’ emerso che i rifiuti alimentari pro-capite sono raddoppiati nonostante la quantità di imballaggi di plastica usata per prodotti alimentari sia aumentata del 50%. La ragione? Le confezioni di plastica effettivamente riescono a mantenere il cibo fresco più a lungo, ma favoriscono anche comportamenti dannosi per l’ambiente, inducendo le persone a fare scorte di cibo, con quantità eccessive che non si riescono a smaltire. Si compra più di ciò che si riesce a consumare
Che fare?
Visto che la norma prende tempo per il suo debutto nell’ordinamento italiano possiamo fare qualcosa noi con le nostre scelte quotidiane per ridurre la quantità di plastica che viene immessa nel ciclo dei rifiuti. Possiamo comprare frutta e verdura al mercato portando da casa un sacchetto riutilizzabile, evitare pellicole inquinanti, usare bottiglie e stoviglie lavabili e riutilizzabili. Le nostre scelte fanno la differenza.