NAPOLI – E’ una delle emergenze ambientali più devastanti dei nostri tempi: l’inquinamento da plastica. Le abitudini di vita dell’ultimo secolo non sono più possibili, abbiamo già superato la soglia da tempo e siamo di fronte all’esigenza di un cambio di rotta immediato. Ieri Greenpeace ha diffuso il dossier ‘Plastica: emergenza fuori controllo’, che passa in rassegna tutti i limiti ormai evidenti di questo modello produttivo insostenibile. Agli impatti crescenti sul mare e sulla biodiversità, si aggiungono quelli sul clima e sulle comunità del Sud del mondo. Aspetti su cui sta provando a intervenire una risoluzione approvata nell’ultima Assemblea delle Nazioni Unite, che ha avviato i lavori per un trattato globale sulla plastica. Abbiamo poco più di due anni per fare la storia e ratificare un trattato globale sulla plastica che crei una cornice di lavoro internazionale e affronti la globalità di questa emergenza.
I NUMERI
A partire dalla sua introduzione sul mercato globale negli anni Cinquanta del secolo scorso, la produzione di materie plastiche non ha mai subito inversioni di rotta. Dal 2000 al 2015 è stato prodotto il 56% di tutta la plastica fabbricata nella storia umana raggiungendo circa 370 milioni di tonnellate nel 2019. In termini di massa equivale a più del doppio della massa di tutti gli organismi che vivono attualmente sulla Terra. Questa produzione mastodontica genera valanghe di rifiuti che contaminano ogni angolo del pianeta. Oggetti di varia forma e minuscoli frammenti, le microplastiche, sono stati trovati ovunque: dalle vette montane più remote alle profondità marine inaccessibili, in centinaia di specie animali, nell’aria che respiriamo e persino nel corpo umano. Secondo alcune stime, di tutta la plastica prodotta nella storia umana solo il 10% è stato correttamente riciclato, il 14% è stato bruciato e il restante 76% è finito in discariche o disperso nell’ambiente. I differenti scenari esaminati in un recente studio indicano che senza un piano di riduzione nella produzione e consumo, la quantità di plastica immessa negli oceani è destinata ad aumentare vertiginosamente: dai circa 11 milioni di tonnellate annue attuali si passerebbe ai 29 previsti per il 2040, equivalente a 50 chili di rifiuti per metro quadro di costa in tutto il mondo.
MONOUSO
La frazione monouso rappresenta il 36% della produzione globale. Le stime della Fondazione Minderoo indicano che nel 2019 le quantità di rifiuti plastici derivanti dal packaging ammontavano a oltre 130 milioni di tonnellate. I quantitativi maggiori sarebbero riconducibili alle bottiglie (25 milioni di t), seguite da pellicole e altri imballaggi flessibili (18 milioni di t), sacchetti (16 milioni di t) e contenitori per alimenti (15 milioni di t). Si tratta delle stesse tipologie di rifiuti in cui oggi è più facile imbattersi in mare e che, insieme a reti e attrezzi da pesca, conferiscono alla plastica il primo posto nella classifica dei materiali più presenti negli oceani (circa l’80% del totale).
CLIMA E BIODIVERSITA’
La plastica ha impatti devastanti su biodiversità e clima. Sono più di settecento le specie animali impattate dalla plastica. Alcune rimangono intrappolate nei rifiuti e vi trovano la morte, altri invece mangiando le minuscole particelle possono andare incontro a severe conseguenze sul loro stato di salute. Ad esempio, il fitoplancton degli oceani, alla base delle catene alimentari marine e al contempo con un ruolo fondamentale per la produzione di ossigeno e il sequestro dell’anidride carbonica (il gas principale responsabile dell’effetto serra), se esposto a microplastiche può ridurre il tasso di fotosintesi e la sua crescita, alterando il ciclo del carbonio sul pianeta. Secondo le stime della British Plastics Federation fino al 99% di tutta la plastica prodotta a livello mondiale deriva dalla trasformazione dei combustibili fossili (gas e petrolio), mentre solo una frazione irrisoria è prodotta a partire da materie prime rinnovabili. Ciò fa emergere un ulteriore problema: il contributo della plastica al cambiamento climatico. Un’analisi di Ciel ha stimato nel 2019 le emissioni di gas serra associate all’intero ciclo di vita della plastica fossile: se fosse una nazione occuperebbe il quinto/sesto posto come principale emettitore mondiale di gas serra.
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