ROMA – Il Pnrr si prepara ad approdare in Cdm per l’esame preliminare alla presentazione alle Camere che il premier, Mario Draghi, farà lunedì e martedì prima di tornare dal governo per l’ok all’invio a Bruxelles entro il 30 aprile, come da cronoprogramma. Ma il percorso del piano è condito da malumori e mal di pancia sul ‘mancato coinvolgimento’ della compagine governativa nella versione finale da presentare al Parlamento e all’Europa.
Nella giornata di giovedì era circolata una presentazione in slide del Mef con le tabelle dei progetti allegate, pronte e datate per la riunione di Cdm di venerdì 23 aprile mai formalmente convocata. Ma oggi i ministri, pronti a vedersi nel primo pomeriggio, hanno trovato sul Foglio l’introduzione del premier Mario Draghi. Senza aver ricevuto ancora la bozza finale, circolata sui media in mattinata. “Praticamente non c’è stato tempo di guardare i testi”, spiega una fonte di maggioranza, spiegando che il rinvio al sabato del Cdm sarebbe proprio l’effetto delle lamentele arrivate dai diversi dicasteri. ‘Solo alcuni dettagli tecnici da definire’, minimizzano dall’Economia.
Le perplessità del M5S
Ma il malessere, sui modi e sui contenuti, sembra comune alle forze che sostengono il governo. Il Superbonus per esempio mette in allarme i pentastellati. La misura è citata nella bozza del Pnrr dove viene spiegato che si intende estenderla dal 2021 al 2023. Ma “abbiamo bisogno di avere la garanzia, da parte del Governo, che la proroga sia almeno a fine 2023 per tutte le tipologie di edifici e che ci siano 10 miliardi in più rispetto ai 18 già precedentemente stanziati e ora semplicemente suddivisi tra Pnrr e fondo complementare”, mettono in una nota i deputati pentastellati Riccardo Fraccaro, Luca Sut e Patrizia Terzoni. Dal Pd si chiede un impegno maggiore su giovani e donne, un obiettivo che deve essere “centrato con una chiara clausola di condizionalità trasversale a favore dell’occupazione femminile e giovanile”.
La Lega e lo scontro sul coprifuoco
La Lega, protagonista dello scontro sul coprifuoco in occasione dell’approvazione del Dl Covid, assicura che non c’è ‘nessuna ruggine’. Dal Carroccio c’è soddisfazione per gli stanziamenti a favore dei Comuni, asili nido e famiglie, e per gli investimenti sulla rete ferroviaria soprattutto al Centrosud e l’innovazione tecnologica. Senza contare l’attenzione per turismo e Industria 4.0. Il Pnrr però ‘pensiona’ definitivamente quota 100, bandiera leghista ai tempi gialloverdi: “terminerà a fine anno e sarà sostituita da misure mirate a categorie con mansioni logoranti”, è scritto nero su bianco. “Quota 100 non è più sufficiente, occorre andare oltre e puntare a quota 41”, rilancia il sottosegretario al Mef, Claudio Durigon, chiedendo “uno strumento valido per salvaguardare il mercato del lavoro, sia in entrata che in uscita”.
La governance del Piano
Altro punto di discussione la governance del Piano, “troppo vaga”, viene fatto notare ma soprattutto troppo in mano a palazzo Chigi e al ministero dell’Economia. Nella sua introduzione, il premier illustra l’istituzione di una struttura di coordinamento centrale presso il Mef per supervisionare l’attuazione, responsabile anche dell’invio delle richieste di pagamento alla Commissione Ue. Al suo fianco una struttura di valutazione e una struttura di controllo. Le amministrazioni “sono invece responsabili dei singoli investimenti e delle singole riforme; inviano i loro rendiconti alla struttura di coordinamento centrale, per garantire le successive richieste di pagamento” alla Commissione.
Il governo, spiega ancora Draghi, “costituirà anche delle task force locali che possano aiutare le amministrazioni territoriali a migliorare la loro capacità di investimento e a semplificare le procedure”. La supervisione politica del piano “è affidata a un comitato istituito presso la Presidenza del Consiglio a cui partecipano i ministri competenti”. Con il piano, scrive Draghi, “l’Italia deve combinare immaginazione e creatività a capacità progettuale e concretezza” e “il governo vuole vincere questa sfida e consegnare alle prossime generazioni un Paese più moderno, all’interno di un’Europa più forte e solidale”.
(LaPresse/di Antonella Scutiero)