ROMA – Prima di tutto guardatevi un video che gira sui social. “Vale più di un trattato sulle privatizzazioni il grido di “Cristina, di Rethinking economics di Bologna” perché questa è tutta la verità sul disastro che Romano Prodi, con l’ottima compagnia di Mario Draghi, Giuliano Amato, Carlo Azeglio Ciampi e Mario Monti, ha provocato all’Italia. La svendita dell’agroalimentare dell’Iri è però un capitolo a parte: è la summa del disastro e una tavola ben apparecchiata per gli amici degli amici: Unilever, Benetton, De Benedetti, passando per tutto il sottobosco affaristico prima Dc e poi ulivista”: comincia così un articolo di Carlo Cambi per “La Verità” che, per praticità, potrebbe essere titolato semplicemente ed efficacemente “La grande abbuffata”. “Si sono mangiati l’Italia”: quante volte la ripete, specie di questi tempi, il cittadino medio, quello al quale non hanno lasciato neanche le ossa.
Prodi sui migranti dopo aver svenduto il futuro degli italiani
E oggi che Prodi, silenziato da anni, torna a parlare agli italiani per dire che “forse è il caso di provarci, a prendere noi i migranti della Diciotti”, forse è il caso di rispolverare un po’ di cose e rinfrescare la memoria a chi ce l’ha corta. “Il caso Sme – scrive La Verità – è la plastica rappresentazione dell’incapacità di quelli che sono diventati personaggi dal sapere economico mitologico, “prenditori” protetti da Confindustria e foraggiati da un sistema bancario complice, in azione dal 1985 al 1994. All’ombra della Sme – un agglomerato che andava da Motta a Cirio, da Bertolli ad Autogrill, dai surgelati ai supermercati, che nel 1985 fatturava oltre 800 miliardi di lire e dava utili consistenti – si sono consumate vendette, scontri tra cooperative e industrie, il tutto in un turbinare di carte bollate che hanno seguito – in Italia la giustizia va così – il corso degli eventi politici”. Con la svendita Sme, del resto, sono stati causati i crac Parmalat e Cirio, l’inizio della fine per il sistema finanziario italiano.
Il ‘regalo’ a De Benedetti
L’unico che si accorse di ciò che stava accadendo fu Bettino Craxi “che impedì che Prodi regalasse a Carlo De Benedetti tutto l’agroalimentare italiano per una cifra quattro volte inferiore al valore poi realizzato”, ricorda Cambi. “Tutto ebbe inizio nell’aprile del 1985 quando Bruno Visentini, repubblicano, viene avvertito da Giancarlo Elia Valori (il grande capo della Sme irizzata) che Prodi, arrivato a presiedere l’Iri già dal 1982, voleva fare un regalo a Carlo De Benedetti e battezzò l’affare come “quel pasticciaccio brutto di via Veneto”. C’era il leit motiv alimentato bene da Prodi che comprava pubblicità sui giornali: lo Stato non può né sfornare i panettoni né fare i pelati, nonostante Pietro Armani, vicepresidente dell’Iri in quota Pri, e Giancarlo Elia Valori dimostrassero, bilanci alla mano, che la Sme si avviava a produrre buoni utili. Ma nel frattempo Carlo De Benedetti con la Cir si era comprato la Buitoni-Perugina per 160 miliardi. Un anno dopo la rivenderà alla Nestlé per 1.600 miliardi e si guadagnerà il soprannome di CoBaVe che sta per Compra baratta e vendi. Che il gruppo Buitoni-Perugina sia stato poi spolpato non interessa più a nessuno”.
La prima cessione è bloccata, ma la seconda va in porto
Per regalare tutto l’agroalimentare all’editore di Repubblica, Prodi ci si accordò in gran segreto, firmando nel 1985 il preliminare d’acquisto. Si accorse del pasticcio Giorgio Napolitano, Craxi bloccò tutto. “La vendita sfuma e ne nasce un contenzioso che va avanti 13 anni e su cui si incardinerà anche il famoso “processo Sme” che terrà il Cav imputato per quasi 10 anni – si legge sulle pagine della Verità –. Secondo la Procura di Milano aveva comprato le sentenze per impedire il trasferimento della Sme a De Benedetti. Cesare Previti e il giudice Renato Squillante furono condannati, Berlusconi completamente assolto. Ma nessuno ha invece indagato sulla seconda vendita di Sme. Si materializza nel 1993 quando alla presidenza dell’Iri c’è Franco Nobili che ha deciso di vendere a pezzi: Italgel, Gs e Autogrill, Cirio-Bertolli-DeRica”.
I favori post-Tangentopoli ai Benetton
Dopo Tangentopoli, Prodi torna all’Iri e continua a fare grandi favori. Come quello ai Benetton, che si prendono Autogrill, i supermercati Gs, i ristoranti Ciao, il marchio Pavesi e proprietà immobiliari. “Tutto per 740 miliardi. Rivenderanno i supermercati al gruppo francese Carrefour – di fatto aprendo le porte dell’Italia alla grande distribuzione d’Oltralpe per 5.000 miliardi di lire. Secondo due procure, Perugia e Salerno, ai Benetton alla fine sono rimasti in tasca poco meno di 5.000 miliardi di lire e la rete Autogrill. Ma lo scandalo vero è la privatizzazione della Cdb (Cirio-Bertolli-De Rica). Prodi la mette a bando per un valore di 380 miliardi, la metà di quello stimato dagli advisor. Si fa avanti subito la Granarolo (Legacoop), ma Prodi sa già a chi vuole vendere”, scrive Cambi.
Negli anni alterne vicende hanno portato allo smembramento dell’agroalimentare, e oggi la grande distribuzione non è più italiana: “La Parmalat è di Lactalis e la Bertolli è degli spagnoli. E tutti lucrano sui nostri agricoltori. Ha ragione Cristina: “Hanno svenduto il futuro in cambio di che cosa?”.