ROMA – Una giornata di “incontri istituzionali”, che vengono definiti “periodici e di consuetudine” ma che non possono non alzare il livello di allerta tra parlamentari e addetti ai lavori se il ‘periodo’ in questione è la settimana che precede quella dell’inizio delle votazioni per eleggere il successore di Sergio Mattarella al Quirinale. E se le ricostruzioni ‘unofficial’ si susseguono – mentre al contrario quelle ufficiali mantengono le bocche cucite – è bene partire dai fatti.
Dopo giorni di lavoro a palazzo Chigi sul prossimo decreto ristori e sul nuovo provvedimento contro il caro bollette (che non è ancora pronto e rischia uno slittamento), Mario Draghi lascia la sede del governo per un incontro mattutino al Quirinale. Il premier si sofferma a colloquio con il presidente della Repubblica per circa un’ora. Sul tavolo, viene fatto filtrare, “adempimenti relativi all’attività di governo”.
Un altro faccia a faccia nel pomeriggio
Draghi varca il sottopassaggio che unisce palazzo Chigi e Montecitorio e va a incontrare Roberto Fico. L’incontro, anche in questo caso, vuole essere riservato, ma i guanti bianchi che i commessi parlamentari indossano nelle vicinanze degli uffici del presidente della Camera – così come previsto dal galateo del Palazzo quando il premier è presente – tradiscono la sua presenza. Anche in questo caso il confronto va avanti per poco più di un’ora. Da quando, poi, il presidente del Consiglio fa rientro nel suo ufficio, parte la caccia all’interpretazione tra i parlamentari.
Le versioni si susseguono
Per molti Draghi e Fico “hanno voluto affrontare di persona, direttamente” il dossier che riguarda “la possibilità di far votare i grandi elettori positivi”. E’ “un tema delicato, costituzionalmente e politicamente. I giuristi non sono d’accordo, i partiti non sono d’accordo e Draghi rischia di essere chi decide chi deve votare e anche una delle persone che sarà votata, è una partita complessa…”., sostiene qualcuno.
“Non è il capo del Governo che deve occuparsi di questa cosa, è materia parlamentare, esiste il ministro per i Rapporti col Parlamento”, replica qualcun altro. C’è poi chi interpreta l’incontro in termini prettamente ‘politici’. “E’ venuto a sondare qual è la situazione, Conte – e sotto sotto anche Di Maio – non vogliono il premier al Quirinale con un Governo che si decide lui e quindi è venuto a capire da Fico quali sono le reali forze in campo nel M5S e le sue possibilità”, è il ragionamento che fa un parlamentare di maggioranza.
C’è poi chi prova a legare i due incontri avuti dal premier: “Oggi cresce ufficialmente la possibilità del Mattarella bis”, dice in tono quasi solenne un deputato. Del resto, ragiona, “Berlusconi sarebbe d’accordo e lo sono anche Salvini e il M5S e il Pd non può dire di no”. E se i bookmakers provano a trasformare in statistica e probabilità quello che le cronache parlamentari raccontano, anche il New York Times si occupa della partita Quirinale.
“Da quando è entrato in carica lo scorso febbraio, Draghi ha stabilizzato la politica instabile dell’Italia, reso il populismo fuori moda e assicurato i mercati internazionali con revisioni a lungo ricercate e misure severe contro il coronavirus. Ha trasformato una nazione il cui caos politico ha spesso suscitato derisione in un leader sulla scena europea e ha infuso negli italiani un rinnovato senso di orgoglio e fermezza”, scrive il corrispondente Jason Horowitz in un editoriale dal titolo “L’Italia riflette su un nuovo ruolo per Draghi”.
L’articolo analizza l’ipotesi che il premier italiano vada a ricoprire il ruolo di capo dello Stato con i partiti pronti a dare vita a un nuovo governo “di unità nazionale che potrebbe durare fino alle nuove elezioni nel 2023”. La stabilità che Draghi porterebbe “come presidente – scrive il corrispondente americano – potrebbe estendere un’età d’oro della politica italiana insolitamente unita anche ben oltre”.
Tuttavia, rimarca “l’incertezza sul futuro di Draghi ha già scatenato macchinazioni e ambizioni politiche, spingendo l’Italia indietro verso un pericoloso, seppur familiare, precipizio di instabilità. I parlamentari e molti italiani temono un pasticcio che potrebbe portare a un governo decisamente meno efficace o addirittura a un inciampo in elezioni anticipate”. In effetti, tra le mille interpretazioni possibili, la paura diffusa di andare al voto appare l’unica certezza. (LaPresse)