ROMA – Spread, energia, attuazione del Pnrr, gestione dell’interminabile emergenza sanitaria. Tutte responsabilità sulle spalle dell’attuale Presidente del Consiglio da circa un anno e che però potrebbero passare di mano se Draghi salisse al Colle. La partita per il Quirinale è ancora aperta, ma l’ipotesi fa tentennare i mercati e inquieta il mondo dell’economia, italiana e non solo.
Quello del premier è un nome prestigioso, l’unico in grado di offrire garanzie solide ai mercati. Lo ha detto chiaramente Wlademir Biasia, Chief Stategy Officier e responsabile della ricerca di WbAdvisors, intervistato da LaPresse. “La sua presenza è auspicata per dare un segno di continuità all’azione politica di governo”, e soprattutto per assicurare questa continuità ai mercati “anche sui progetti in itinere come il Pnrr”. La conclusione del ragionamento è quindi una: “Draghi risulta essere più importante a Palazzo Chigi che al Quirinale”. Anche perché – aggiunge Biasia – con un esecutivo a guida dell’ex presidente della Bce fino al 2023 “dovremmo avere dei rendimenti del Btp che cominciano un po’ a scendere, sotto i 125 punti base”.
L’inflazione marcia, inarrestabile: ha toccato livelli importanti in Usa e in Europa e ha creato un contesto che “porterà la Fed e la Bce a ridurre gli stimoli monetari e ad aumentare i tassi di interesse”. Prezzi in su e capacità di consumo in giù. Un quadro che darà luogo ad un fenomeno sui mercati, per cui, spiega l’analista, “chi ha investito vuole uscire”, creando una situazione “a imbuto”. Ricorda infatti che proprio ieri, ad influire sulla “discesa un po’ più verticalizzata dell’indice della nostra Borsa” è stata anche l’elezione al Quirinale. Allo stesso modo lo spread ha già scontato l’effetto della corsa al Colle, “anticipando un esito al momento incerto”.
Ma non sono solo i mercati e lo spread a volere Draghi a Chigi. “Uno dei problemi più seri che c’è ultimamente è quello della crisi energetica. In questo momento abbiamo bisogno che la tensione in Ucraina cali” e quindi “abbiamo bisogno di Draghi al governo, che faccia politica internazionale, che vada a Bruxelles, a Berlino, a Washington a fare valere il peso dell’Italia per chiedere pace e chiedere che la Russia ci mandi più gas”, afferma a LaPresse Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, facendo il punto sulla crisi energetica in relazione alle tensioni in Ucraina.
Al coro si uniscono anche i rappresentanti del tessuto produttivo italiano: Confesercenti, Confartigianato e Confagricoltura sono unanimi nell’affermare che lungaggini eccessive nelle procedure di voto non possono e non devono frenare l’azione del governo a tutela delle imprese. Le confederazioni non esprimono nomi né preferenze sull’identità personale e politica del futuro presidente della Repubblica e non chiedono esplicitamente che Draghi resti alla guida dell’esecutivo. Tuttavia, sottolineano che ci troviamo in una fase delicata, che non permette distrazioni o errori. “Non è il momento di rallentare l’azione di governo, tantomeno di entrare in una fase di stallo o peggio di instabilità politica”, ha detto infatti a LaPresse Patrizia de Luise, presidente di Confesercenti. Il prezzo sarebbe troppo alto: “potrebbe costarci 0,2 punti di Pil”. Dello stesso avviso è Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, secondo cui “Al Paese servono stabilità, continuità rispetto alle azioni in atto su Pnrr e attenzione anche all’economia internazionale, che presenta tensioni che ricadono sulle imprese”. Forte anche la voce del mondo dell’artigianato, che chiede “una guida salda del Paese, capace di realizzare compiutamente e velocemente gli obiettivi del Pnrr e di attuare le riforme necessarie a rilanciare lo sviluppo”, come dichiara Marco Granelli, presidente di Confartigianato.
di Martina Regis