MILANO – “La commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni è un risultato importantissimo, perché dopo oltre tre anni senza verità sulle torture e l’omicidio di un cittadino italiano, il tempo delle parole è finito, ora servono i fatti”. Lo dice il presidente della Camera, Roberto Fico, in una intervista al Corriere della Sera.
L’obiettivo è cercare la verità sul caso Regeni
La commissione “potrà svolgere un ruolo di accertamento e di impulso, ed è il segno ulteriore di un Paese che si muove compatto. La magistratura italiana ha svolto un lavoro straordinario, ora anche il Parlamento si mette al lavoro, dopo che alcuni mesi fa all’unanimità ha deciso di interrompere i rapporti diplomatici con il Parlamento egiziano”. “Un peso quella decisione l’ha avuto – prosegue Fico – in Egitto è stato letto come un atto politico forte dopo atteggiamenti troppo blandi. Ma è la risposta delle istituzioni italiane nel loro insieme che conta. La società civile che non ha mai smesso di sollecitare l’individuazione dei colpevoli, e il governo continua a sollecitare risposte”.
L’Egitto non è una nazione sicura
Sul fatto che per ora ha ottenuto solo le promesse di Al Sisi, Fico chiarisce: “Per me non valgono più niente. A settembre mi aveva garantito che avrebbe rimosso ogni ostacolo alla verità, ma da allora nulla è stato rimosso e nulla si è mosso in Egitto”, un Paese, definito dal presidente della Camera anche “non sicuro”.
La linea del presidente Fico
Sulle conseguenze economiche annunciate dal ministro Di Maio, Fico aggiunge: “Io so che anche alle parole di Di Maio sono seguiti dei fatti, nei rapporti tra ministeri. Bisogna percorrere ogni strada possibile, e mi risulta che il governo stia cercando di farlo”. Sul neofascismo, il presidente della Camera avverte: “Tutti i parlamentari, come tutti i ministri, stiano lontani da frange estreme che predicano valori fuori dalla Carta”. Sulla crisi in Venezuela: “L’Italia deve appoggiare il ruolo dell’Onu che nelle controversie internazionali deve essere centrale”. Per quanto riguarda invece il caso Siri, afferma: “Quando c’è odor di mafia, serve responsabilità”.
(LaPresse)