Una nuova tecnologia, presentata ad Ancona, permetterà di trasformare le reti da pesca abbandonate e la plastica marina non riciclabile in una preziosa risorsa. I risultati della sperimentazione, condotta all’interno di un progetto di ricerca finanziato con fondi per la ripresa, sono stati illustrati presso l’Università Politecnica delle Marche, aprendo uno scenario inedito per la gestione dei rifiuti.
Il sistema, chiamato Green Plasma, offre una soluzione concreta al problema delle cosiddette “reti fantasma”. Questi attrezzi da pesca, una volta persi o abbandonati, diventano trappole mortali per la fauna e fonti di inquinamento persistente. La nuova tecnologia è in grado di trattare fino a 100 kg al giorno di questa plastica marina, altrimenti destinata alla discarica.
Il processo di trasformazione converte i rifiuti in “syngas”, un gas di sintesi ad alto contenuto di idrogeno. Questo combustibile può essere utilizzato direttamente nei porti e nelle aree di raccolta per generare energia elettrica, creando un modello di economia circolare applicato all’ambiente marino e riducendo la dipendenza da altre fonti.
L’illustrazione dei risultati è avvenuta durante il convegno “Green Plasma per lo smaltimento delle reti fantasma”, tenutosi simbolicamente in occasione della “Giornata del Mediterraneo”. L’evento ha voluto richiamare l’attenzione sulla fragilità del mare e sull’urgenza di trovare soluzioni sostenibili per proteggerlo.
La sperimentazione ha visto la partecipazione di un consorzio di partner qualificati, tra cui Fondazione Marevivo, Castalia, il consorzio interuniversitario CoNISMa e la società IRIS, in stretta collaborazione con l’ateneo marchigiano. Il loro lavoro si è concentrato sul recupero e sul trattamento degli attrezzi che infestano i nostri fondali.
Il contesto globale rende queste innovazioni sempre più necessarie. Ogni anno, ben 12 milioni di tonnellate di plastica, l’equivalente di un camion di spazzatura riversato in acqua al minuto, finiscono negli oceani, danneggiando l’ecosistema in modo spesso irreversibile.
In questo scenario, gli strumenti legati alla pesca rappresentano una quota preponderante del problema. Secondo i dati dell’ISPRA, l’86,5% dei rifiuti trovati in ambiente marino è riconducibile a reti, cime, nasse, cordame e cassette di polistirolo. Poiché questi materiali sono altamente degradati dall’acqua salata e dal sole, non esistono filiere di riciclo efficaci, rendendo la discarica l’unica opzione di smaltimento fino ad ora disponibile.



















