ROMA – Giù le mani dalle commissioni Politiche Ue. Si sta creando un asse, in Parlamento, per scongiurare uno dei passaggi più controversi della riforma dei regolamenti di Camera e Senato, che andranno adeguati al futuro prossimo venturo, perché il 2023 non è vicino ma nemmeno così distante. E dalla prossima legislatura ci saranno oltre 300 scranni in meno, in base alla modifica costituzionale approvata in via definitiva ad ottobre 2019 e confermata a furor di popolo dal referendum del settembre 2020. Una delle ipotesi in campo è proprio quella di accorpare le commissioni parlamentari che si occupano di affari europei, che in questi anni, soprattutto dopo il varo del Recovery fund e del Pnrr italiano, hanno svolto invece un ruolo importante.
La levata di scudi parte principalmente da Movimento 5 Stelle e Partito democratico. “Pensare di accorpare la commissione Politiche Ue nella prossima legislatura significa indebolire le istituzioni. Tutti i grandi Paesi hanno commissioni dedicate. L’Italia, in questa fase, ha bisogno di rafforzare, cambiare regolamenti, non eliminare un organo parlamentare così importante”, scrive su Twitter il presidente dell’organismo di Montecitorio, il pentastellato Sergio Battelli. Al quale si associa anche il dem Filippo Sensi: “Ho fiducia in chi lavora” alla riforma “sarebbe un errore molto grave, pessimo segnale in controtendenza con la crescente centralità europea nella nostra vita pubblica”.
Restando in casa Pd, è il vice capogruppo alla Camera, Piero De Luca, a intervenire: “È assolutamente indispensabile confermare e rilanciare, non limitare o ridurre, il ruolo e le competenze delle commissioni Politiche europee in Parlamento. Solo Cipro, Lussemburgo e Malta non hanno una Commissione parlamentare specializzata in materia – avvisa -. Sarebbe un passo indietro rispetto ad un processo di evoluzione regolamentare costante che ha portato ad assegnare oggi a tali Commissioni compiti istituzionali importanti”. Una motivazione sposata anche dal senatore Cinquestelle, Pietro Lorefice: “In un’epoca in cui le politiche europee sono sempre più rilevanti per la vita delle collettività nazionali, appare antistorico eliminare le commissioni parlamentari ad esse dedicate, introdotta nel 2003 proprio per venire incontro alle esigenze del nuovo scenario istituzionale europeo. Uno scenario – spiega – che oggi, visto l’accresciuto impatto della legislazione europea nella vita quotidiana dei nostri cittadini, richiede di rafforzare e non di indebolire le istituzioni parlamentari nazionali”. La partita, dunque, è ancora aperta.
Di Dario Borriello