Recentemente, il Club Alpino Italiano e diverse associazioni di categoria hanno lanciato un appello. Decine di rifugi montani in Italia faticano a trovare nuovi gestori, un fenomeno che sta mettendo a serio rischio la continuità di molte strutture essenziali per l’escursionismo e la sicurezza in alta quota. La mancanza di un ricambio generazionale ha trasformato questo problema in una vera e propria emergenza.
Prendere in gestione un rifugio non è una scelta di vita paragonabile all’apertura di un bed & breakfast in campagna. Si tratta di un impegno che richiede presenza quotidiana per accoglienza, cucina, pulizie e manutenzione, spesso in condizioni di isolamento e con un’apertura solo stagionale.
Le condizioni meteorologiche in quota possono cambiare repentinamente, con pioggia, neve e temperature rigide che richiedono preparazione e capacità di affrontare ogni imprevisto.
I guadagni sono spesso modesti. I ricavi da pernottamenti e ristorazione devono coprire costi di gestione sempre più alti, dalle forniture trasportate in elicottero al prezzo dell’energia. Un gestore di un rifugio di medie dimensioni, in una zona frequentata, può aspirare a un reddito netto annuo di poche decine di migliaia di euro, spesso da dividere con soci o familiari.
A questo si sono aggiunti gli effetti del cambiamento climatico. Le estati sempre più aride hanno messo a rischio le riserve idriche di molte strutture, costringendo in alcuni casi a chiusure anticipate o a costosi interventi per l’approvvigionamento dell’acqua.
Esistono tre principali tipologie di rifugi che è possibile prendere in gestione. Quelli del CAI (Club Alpino Italiano) e quelli di enti pubblici (Regioni, Comuni, Parchi) vengono assegnati tramite bando pubblico, consultabile sui siti istituzionali e su portali specializzati. I rifugi privati, invece, possono essere affidati con un contratto diretto dopo aver contattato la proprietà.
Per partecipare a un bando sono solitamente richiesti un progetto gestionale dettagliato, un business plan, un curriculum che attesti l’esperienza e, talvolta, certificazioni specifiche. Tra i requisiti figurano l’esperienza nel settore della ristorazione o alberghiero, capacità di gestione aziendale e una solida conoscenza dell’ambiente montano per la valutazione dei rischi.
Alcune regioni hanno inoltre reso obbligatorio un corso di formazione per Gestore di Rifugio. I contratti di gestione hanno in genere una durata che va dai 3 ai 6 anni e sono rinnovabili.























