ROMA – Momenti storici profondamente diversi per fasi di rinnovamento parallele. Lega e Pd, antitetici per eccellenza, stanno attuando in queste ore un’importante trasformazione. Se il Carroccio mira ad adattarsi alle necessità del primo partito del Paese, i Dem puntano a risorgere dalle proprie ceneri proponendo volti nuovi nel panorama nazionale.
La Lega ‘amplia gli orizzonti’
Matteo Salvini ha convocato il consiglio federale della Lega per oggi alle 13. All’ordine del giorno della riunione del massimo organo esecutivo del partito vi sono generiche “comunicazioni del segretario federale e analisi della situazione politica”. Il leader leghista potrebbe illustrare ai dirigenti del partito la ‘road map’ per concludere la trasformazione della Lega in un partito nazionale. Archiviata la fase ‘nordista’ di bossiana memoria e divenuta ‘de facto’, la Lega di Salvini deve risolvere alcuni nodi statutari e giuridici per dirsi definitivamente tale.
Salvini premier, via Alberto da Giussano
Per esempio, a livello giuridico Salvini è segretario di due formazioni. La ‘vecchia’ Lega Nord – cui è stato tolta la denominazione Nord nel contrassegno elettorale in vista delle elezioni – e la nuova formazione, Lega per Salvini premier. Per elaborare una sintesi delle due formazioni le strade potrebbero essere due: la fondazione di un nuovo partito o la trasformazione di uno dei vecchi contenitori. Pare che Salvini abbiamo optato per la seconda via. E che si stia approntando ad affrontare una stagione di congressi per ‘attualizzare’ e rinnovare la ‘vecchia’ Lega, togliendo quindi una volta per tutte la denominazione Nord e il simbolo di Alberto da Giussano. L’obiettivo sarebbe di concludere questo processo a inizio anno, comunque in tempo per le europee.
Un partito più snello
È noto che Salvini vorrebbe un partito più snello sia nell’accesso alla militanza che nelle gerarchie. Proprio sulla militanza c’è una riflessione in atto in via Bellerio. La militanza, cui si accede dopo un periodo da socio sostenitore, in Lega ha un significato importante. E sarebbero al vaglio dei dirigenti del partito le modalità per non far perdere gli anni di anzianità ai militanti storici, come ai cosiddetti padri fondatori, nel passaggio alla nuova formazione politica.
Il Pd riparte da Zingaretti
La “macchina da guerra” di Nicola Zingaretti pare invece già pronta. La “Piazza Grande” in cui far confluire realtà politiche e sociali di centrosinistra si sta man mano riempiendo. E anche molti degli uomini chiave sono sistemati. Coloro che dovranno fare il lavoro sporco e tirare la volata allo ‘zar’ Nicola verso lo scranno più altro del Partito democratico, in primis, e della coalizione di centrosinistra poi.
Importante la riconferma a governatore
La riconferma alla Regione Lazio da questo punto di vista è stata fondamentale. Questa ha consentito al concorrente sostenuto dal mondo antirenziano di sistemare negli uffici della giunta regionale. In questo modo colonnelli e tenenti decisivi per la sua corsa al trono del Nazareno hanno avuto diritto ad uno stipendio.
Gli identikit del personale
Così, a completare gli staff degli assessorati sono finiti politici piuttosto noti in città, giovani promesse ed ex presidenti di Municipio che hanno bucato le ultime tornate elettorali. Molti di loro, dopo almeno due o tre anni di impegno civico da semplici militanti o con cariche di partito gratuite, ora possono mettere ancora più energie nella causa comune potendo anche contare su una busta paga. Il che non guasta, visto che gli stipendi per i semplici assunti in segreteria vanno dai 35mila ai 50mila euro lordi per i full time e dai 22mila ai 30mila per i part-time.