MILANO – Cresce di 110 miliardi la liquidità sui conti correnti, ma diminuisce il numero degli italiani in grado di risparmiare. È quanto emerge dalla ricerca annuale sul risparmio e le scelte finanziarie degli italiani 2021 presentata oggi da Einaudi e Intesa Sanpaolo, che analizza il rapporto degli italiani con il risparmio e l’influenza che la pandemia sta avendo sulle scelte di investimento delle famiglie, illustrata da Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo, Beppe Facchetti e Giuseppe Russo, presidente e direttore del Centro Einaudi.
E questi i 110 miliardi di liquidità in più “sono delle classi di reddito medio alte o alte. Un effetto poco democratico della pandemia. Si è accentuata la disomogeneità nella distribuzione del reddito”, ha sintetizzato De Felice.
Secondo le interviste sull’andamento dell’anno 2020, raccolte a marzo e maggio 2021 e rivolte ai responsabili delle scelte finanziarie, il 9 per cento delle famiglie italiane ha subito conseguenze sulla salute propria o di un membro della famiglia: in una casa su dieci il Covid è entrato davvero. Molto più ampio è il numero di famiglie che ha visto ridursi o azzerarsi le entrate ordinarie a causa delle conseguenze economiche del Covid: nel complesso, si tratta del 36,8% degli intervistati. Tra questi, il 19,6% dichiara che le entrate sono ‘un poco’ diminuite, il 15,7 per cento che sono ‘molto’ diminuite e l’1,5% dichiara che tutte le entrate sono state perdute. Queste percentuali mostrano che la perdita media di reddito netto familiare, pari a 105 euro mensili, non ha riguardato tutti: si è avuta una forte concentrazione dell’impatto economico, che si è scaricato su poco più di una famiglia su tre.
Spunta anche il cambiamento della cultura del risparmio. Gli investimenti nuovi e alternativi cominciano a entrare nella consapevolezza dei risparmiatori, ma lo fanno molto lentamente. I Pir, destinati a collegare il risparmio con gli investimenti reali, particolarmente delle piccole e medie imprese, sono stati considerati appena dal 2,5% per campione, ma per ogni sottoscrittore effettivo ve ne sono 6 indecisi che potrebbero investirvi in futuro (14 tra gli impiegati, categoria che ha più liquidità della media).
I bitcoin piacciono ad appena il 5% degli intervistati, senza che abbiano necessariamente acquistato questi strumenti. “Trovano i potenziali estimatori all’incrocio dei risparmiatori giovani, benestanti e istruiti – si evidenzia nell’indagine -. È presto per affermare che si tratti di un interesse che va oltre una moda, e del resto non sono gli investimenti più raccomandabili quanto a sicurezza (che resta la prima caratteristica desiderata dai risparmiatori anche delle categorie più dinamiche), stanti l’alta volatilità delle criptomonete e il fatto che esse non godono della tutela tradizionale della Mifid”.
Il 6,7% del campione – si sale al 14% tra i laureati – risulta interessato agli investimenti etici e a impatto positivo sull’ambiente e sulla società: il settore finanziario sta raccogliendo questa istanza puntando sulla classificazione e selezione ESG. Tuttavia, essendo di tipo nuovo, il comportamento classico dei risparmiatori italiani è di introdurre nel portafoglio questi investimenti a piccole dosi.
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