Roma, 8 mar. (LaPresse) – Scacco alla ‘mala’ tiburtina: 39 persone finiscono in manette nell’ambito di un’indagine dei carabinieri di Roma che scoperchia un giro di traffico di sostanze stupefacenti, armi ed estorsioni, aggravato dal metodo mafioso.
L’operazione, che ha visto impegnati 300 carabinieri con elicotteri e unità cinofile, è frutto di indagini dei carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Tivoli, avviate nel febbraio del 2016 che hanno delineato l’esistenza di un’organizzazione “dai connotati mafiosi”, scrivono gli inquirenti, nella quale i vertici del gruppo erano coperti da “silenzi e omertà, frutto della forza di intimidazione” dell’organizzazione che gestiva le piazze di spaccio di Tivoli e Guidonia, alla periferia est di Roma.
I carabinieri sono riusciti dapprima a sequestrare un chilo di cocaina a due giovani spacciatori, e poi a dimostrare che entrambi erano sottoposti al controllo del gruppo retto da un’organizzazione di tipo piramidale.
Il sodalizio si era imposto, attraverso una serie di aggressioni e minacce gravi a pusher concorrenti e acquirenti insolventi: le indagini hanno documentato violenti pestaggi a danno di chi era in contrasto con il gruppo, controllo del territorio attraverso vedette, e pedinamenti e intimidazioni anche contro le forze dell’ordine.
Chi indaga parla di un “pericoloso panorama criminale” con “i tratti tipici di una cosca”. Durante le indagini sono emersi processi sommari, organizzati dal gruppo contro chi non si allineava a voleri del boss, Giacomo Cascalisci: gli ‘imputati’ venivano convocati davanti ai vertici dell’organizzazione e, in caso di ‘condanna’, puniti con pestaggi o sfregi al volto.