Roma (LaPresse) – I finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini emesso dalla procura di Roma nei confronti di un prestanome libico del defunto Moutassim Gheddafi, figlio dell’ex rais, per intestazione fittizia di beni e autoriciclaggio. L’attività investigativa trae origine da una serie di verifiche effettuate dalle fiamme gialle sulla riconducibilità al figlio dell’ex dittatore di un prestigioso complesso immobiliare romano.
Anche grazie ai canali di collaborazione internazionale, gli inquirenti hanno ricondotto l’immobile all’ex ufficiale dell’esercito libico. E’ responsabile della sicurezza nazionale e giustiziato insieme al padre dalle truppe ribelli nel 2011.
Una provvista di oltre 2 milioni di euro è stata bloccata dalla gdf mediante un sequestro convalidato dal Tribunale di Roma. Evitando così successivi trasferimenti delle somme fuori dai confini nazionali.
Trucco architettato dal figlio di Gheddafi per evitare il congelamento dei beni
Secondo gli inquirenti, Gheddafi, per sfuggire alle misure di prevenzione patrimoniali ed evitare il congelamento dei beni, nel mese di aprile 2010, avrebbe fittiziamente acquistato al prezzo di 5,5 milioni di euro il complesso costituito da due appartamenti, un garage ed una cantina intestandolo a un prestanome libico.
A seguito del riaccendersi dell’interesse sui beni appartenenti al leader Gheddafi e ai membri della famiglia da parte dell’avvocatura dello Stato libico, il prestanome ha deciso di vendere i due appartamenti nel 2016 per circa 2,5 milioni di euro. A un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato, per monetizzare il più rapidamente possibile. Il denaro è stato poi reinvestito in attività economiche e finanziarie.
Moutassim Gheddafi era inserito nelle blacklist internazionali Onu, per crimini commessi contro l’umanità. La ricostruzione delle transazioni confluite nei conti correnti esteri utilizzati per l’acquisto dei beni in questione, ha permesso l’adozione di un’ulteriore misura restrittiva, questa volta, di natura preventiva. E’ finalizzata a ‘bloccare’ le risorse individuate. Misura che è stata successivamente disposta dal comitato di sicurezza finanziaria.
Queste ultime sono misure adottate a livello internazionale, sottolinea la gdf, per prevenire e contrastare ogni forma di finanziamento al terrorismo.