L’attenzione negli ospedali nell’affrontare l’emergenza nuovo coronavirus deve essere massima. Ogni piccolo errore può essere fatale. Anche perché in caso di contatti tra pazienti positivi e altri correre ai ripari diventa rischioso e complicato. Un esempio di quanto complessa sia la situazione nei nosocomi si è verificato nelle scorse ore all’ospedale Ruggi d’Aragona di Salerno.
L’allarme per una paziente infetta
Una paziente con polmonite non è stata isolata e soltanto la mattina, dopo il ricovero in medicina interna, le è stato effettuato il tampone: positivo. A quel punto è stato evidente il rischio di contagio per gli altri degenti che erano nella stessa stanza e per il personale sanitario che è intervenuto prima e dopo.
Il sindacalista Uil Raffaele Albano: “Test solo per chi ha i sintomi”
“Sì, questo è un episodio sul quale riflettere e che merita un’attenzione particolare. Il tampone va chiaramente fatto a tutti i pazienti nella stessa stanza e ai medici che si sono occupati della paziente. Oltre alla sanificazione della struttura che dovrebbe essere stata già effettuata”, ha detto Raffaele Albano, segretario della Uil Fpl di Salerno.
Viene spontaneo chiedersi se è possibile che vengano dimessi dall’ospedale pazienti che, asintomatici, hanno contratto il coronavirus. “E’ tecnicamente possibile, ma in ogni caso i pazienti che hanno avuto contatti rischiosi vengono messi, secondo la disposizione della Regione Campania, in isolamento fiduciario a casa per 14 giorni. Questo perché fare tamponi anche agli asintomatici al momento non viene ritenuto possibile e quindi il test viene effettuato solo a chi ha tosse e febbre – ha aggiunto Albano – Sarà importante estendere il prima possibile la platea, a cominciare dal personale sanitario che è costantemente a rischio, oltre che a un maggior numero di cittadini, in modo da poter contenere al meglio il pericolo che il virus si diffonda in maniera incontrollata”.
Il silenzio della direzione sanitaria
Abbiamo chiesto chiarimenti ai commissari del Ruggi e alla direzione sanitaria sulla sanificazione, senza ottenere risposte. Sono ore complesse. E serve la massima attenzione.
Le preoccupazioni dei medici
Estendere i tamponi ai medici che operano in prima linea contro il coronavirus è una necessità non rinviabile. Il governo non ha ancora mosso il passo decisivo, la Regione ha promesso un milione di test in tempi brevi. Ma i giorni passano, il numero degli infetti aumenta, e i camici bianchi rischiano sempre di più di diventare vettori del Covid-19, mettendo a rischio pazienti sani, loro stessi e le famiglie che li aspettano a casa. Una situazione insostenibile che è resa ancora più grave dalle difficoltà nel rifornire gli ospedali dei dispositivi di protezione individuale.
Le mascherine
Le mascherine chirurgiche, nella maggior parte dei casi, sono praticamente un miraggio. Succede in tutti gli ospedali della Campania. Al Ruggi d’Aragona di Salerno se ne vedono ben poche e molti medici sono a contatto con pazienti positivi senza potersi proteggere in maniera adeguata. E se non hanno sintomi non possono essere sottoposti al tampone.
L’intervista al segretario Cgil Fp Salerno Antonio Capezzuto
Il direttore del Dipartimento Malattie infettive dell’Istituto superiore di Sanità, Giovanni Rezza, ha spiegato ieri che l’argomento va affrontato, ma al momento è difficile estendere in questo modo l’uso dei tamponi, confermando che bisogna concentrarsi sui soggetti sintomatici. Intanto, però, la battaglia va avanti e lo tsunami continua a essere affrontato a mani nude. A parlarne con ‘Cronache’ è il segretario della Cgil Funzione Pubblica di Salerno, Antonio Capezzuto.
Segretario, a che punto è la fornitura di dispositivi di protezione individuale?
Per il momento è ancora insufficiente. Ieri distribuivano ancora mascherine che somigliano più a salviette che a dispositivi di protezione. Sono assolutamente inadeguate all’utilizzo per il personale sanitario. La priorità è quella di mettere medici, infermieri e operatori di lavorare in condizioni di sicurezza. Il contagio di chi combatte il virus in prima linea non fa che aggravare la situazione.
Perché i medici a contatto con i pazienti non vengono sottoposti a tampone?
Lo abbiamo chiesto anche alla Regione Campania. Le istituzioni devono fare in modo di sottoporre anche gli operatori sanitari ai test. Medici e infermieri vanno tutelati, altrimenti non sono in condizione di poter stare a contatto con i pazienti in maniera utile ed efficace.
Ad oggi quindi non vengono effettuati?
Assolutamente, in tutta la Regione è così. La regola al momento è questa. Speriamo in una svolta.
I pazienti del pronto soccorso che entrano in contatto con contagiati vengono controllati con il test?
Questo non dovrebbe avvenire mai. Ci sono dei percorsi specifici che cominciano dai contatti con l’Asl fino al trasporto in ospedale per i pazienti con sospetto Covid-19. L’accesso libero non c’è se funzionano adeguatamente i percorsi specifici. Chiaramente bisogna tenere alta l’attenzione su tutte le sintomatologie relative a problemi respiratori.
Questi percorsi funzionano?
E’ quello che dovrebbe succedere, ora stiamo aspettando l’attivazione della tenda del pre-triage che consentirebbe a personale dedicato di occuparsene.
Qual è la prima decisione da prendere?
Quella relativa alla fornitura delle protezioni individuali adeguate. Chi è in prima linea ha timore che la mancata protezione possa rendere vettori del contagio. Ad oggi la quarantena e il tampone non si applicano, stando all’articolo 7 del Dpcm dell’8 marzo’ agli operatori asintomatici. Questo alimenta sconcerto e paura. E’ necessario intervenire.