NAPOLI – Ancora episodi di violenza giovanile scuotono la città. Nella zona di Scampia, nei pressi dello stadio Antonio Landieri (vittima innocente della camorra durante la prima faida), un ragazzino di 12 anni è stato vittima di un’aggressione da parte di un gruppo di coetanei, apparentemente più piccoli di lui. Il giovane stava giocando a pallone in strada quando il branco gli ha sottratto con la forza il telefono cellulare. Non riuscendo a sbloccarlo, gli aggressori hanno deciso di disfarsene gettandolo in un cassonetto dei rifiuti, deridendo la vittima e invitandola a recuperarlo da sola. Il 12enne, spaventato, ha raccontato l’accaduto ai familiari, lasciando emergere la crescente preoccupazione tra residenti e famiglie per la diffusione di comportamenti aggressivi e intimidatori tra giovanissimi. L’episodio di Scampia si
inserisce in un quadro più ampio di emergenza baby gang a Napoli.
Solo due anni fa, a Fuorigrotta, un uomo di 47 anni è stato selvaggiamente aggredito intorno alle 23 da un gruppo di minorenni senza alcun motivo, davanti alla madre anziana e ai suoi due figli piccoli. La violenza dell’attacco ha provocato trauma cranico, fratture nasali, lesioni facciali e traumi su tutto il corpo, costringendo la vittima al ricovero al Cardarelli. L’episodio, eclatante e drammatico, ha acceso i riflettori sul fenomeno della violenza giovanile, fino ad allora percepito come microcriminalità di strada. Secondo gli esperti, il fenomeno delle baby gang a Napoli è alimentato da una combinazione di degrado urbano, carenze educative e mancanza di presidio delle istituzioni nei quartieri più popolosi. Zone come Scampia, Fuorigrotta e alcuni quartieri collinari sono particolarmente esposte a questi episodi, dove gruppi di minorenni si organizzano per commettere furti, intimidazioni o atti di violenza gratuita. Le aggressioni a minori e adulti, così come i furti e gli episodi di bullismo, mettono in evidenza una problematica più ampia di ordine pubblico e sociale. L’obiettivo delle autorità deve essere duplice: presidio del territorio attraverso controlli e interventi mirati, e politiche educative e sociali per prevenire che nuovi ragazzi scivolino nella violenza e nella criminalità.
L’emergenza baby gang non è più un fenomeno marginale. Gli episodi di Scampia e Fuorigrotta dimostrano che la violenza giovanile
può colpire chiunque, travolgendo famiglie intere e lasciando ferite profonde, fisiche ed emotive. Napoli, città di storia e cultura, si trova oggi davanti a una sfida cruciale: restituire sicurezza e fiducia ai cittadini e garantire che le strade non siano più terreno di prepotenze e paura. Le baby gang non sono un fenomeno isolato, ma rappresentano una manifestazione di un disagio sociale più profondo. Spesso, questi gruppi si formano in contesti di marginalità, dove la mancanza di opportunità educative e lavorative spinge i giovani a cercare riconoscimento
attraverso la violenza e l’illegalità. La presenza di modelli negativi, come il culto della forza e del dominio, alimenta comportamenti
devianti, mentre l’assenza di un sistema educativo efficace non offre alternative valide. Inoltre, l’uso dei social media amplifica la visibilità di questi atti, creando una sorta di “glorificazione” della violenza tra i coetanei e attirando l’attenzione di altri giovani in cerca di appartenenza.
Questo fenomeno è stato documentato da studi che evidenziano come le baby gang siano sempre più attive online, utilizzando piattaforme come TikTok e Instagram per condividere le loro azioni e ottenere consenso tra i pari. Gli scontri tra baby gang hanno già dimostrato di poter essere letali: sono le bande giovanili a fare da sfondo agli ultimi ed eclatanti fatti di sangue avvenuti in città.