Schiavone pronto a rituffarsi negli appalti, nell’indagine spuntano due consulenti

Nicola Schiavone ha incontrato i professionisti nell’estate del 2019 poco dopo la sua scarcerazione

CASAL DI PRINCIPE – Era pronto a tornare in pista: il tempo trascorso in carcere non gli aveva fatto passare la voglia di dare la caccia agli appalti pubblici. Ma aveva bisogno di società ‘pulite’ e teste di legno: nei nuovi business, Nicola Schiavone ‘o russ, già condannato per associazione mafiosa, doveva essere invisibile. E per organizzare la pattuglia di imprese con cui entrare in azione, sostengono gli agenti della Dia, si era rivolto a due consulenti.

Il primo è Francesco D’Angiolella, detto ‘Gianfranco’, 51enne e attualmente rappresentante della Servizi Consulenza con sede a Pastorano. Era il 28 luglio 2019 quando Schiavone lo incontra insieme a tale Antonio Caliendo. E la loro conversazione viene ascoltata dagli investigatori. ‘O russ spiega la sua intenzione voler partecipare di nuovo a gare d’appalto, ma fuori dal territorio dell’Agro aversano. E D’Angiolella gli consiglia di iniziare con un’unica impresa e di dedicarsi a gare di “medio valore”. Schiavone dice che sarebbe intenzionato ad usare una sua vecchia azienda (per la Dia si tratta della ‘Impresa edile Ucciero Amalia’, intestata alla moglie), ma D’Angiolella lo ferma, evidenziando che serviva una società con bilanci presentati in camera di commercio e con pregresso fatturato. “Dobbiamo per forza comprare (una società, ndr)… – gli suggerisce -. Compriamo qualcosa e poi a Villa Literno dichiari fallimento, ti metti con qualche consorzio”.
Il secondo consulente che emerge dalle intercettazioni della Dia è Domenico Silvano Ricciuto, 58enne, già vicepresidente della Confederazione libere associazioni artigiane italiane. I due si incontrano il primo agosto del 2019. ‘O russ, come aveva fatto con D’Angiolella, prospetta al professionista la possibilità di usare la ditta della moglie, ma pure Ricciuto glielo sconsiglia. E quest’ultimo lo invita pure a non effettuare la cessione dell’azienda, ma di acquisire una piccola ditta già in  possesso di una certificazione Soa per poter partecipare a gare d’appalto di importi superiori a 150mila euro. Per poter aggirare la problematica delle certificazione, spiega il consulente, serviva comprare una quota di un consorzio, con sede al nord Italia, composto da varie ditte che si suddividono i contratti di lavoro in base alla provenienza dei titolari.

Schiavone, condannato per aver rappresentato il braccio imprenditoriale del clan dei Casalesi nei primi anni del Duemila, aveva lasciato il carcere il 6 febbraio 2019, ottenendo inizialmente i domiciliari a Marciano Della Chiana, in provincia di Arezzo, e poi a Villa di Briano fino, con la possibilità di lasciare casa due ore al giorno, fino al 2020. Adesso è libero. Le informazioni raccolte dalla Dia su di lui sono state inserite nell’indagine, coordinate dai pm Graziella Arlomede e Antonello Ardituro, che lo scorso maggio hanno portato all’arresto di Dante Apicella ‘a damigiana per camorra (affronterà l’udienza preliminare insieme ad altre 66 persone, e tra loro non c’è Schiavone, a fine settembre).

‘O russ, secondo la Dia, appena tornato in libertà, tramite i suoi familiari avrebbe fatto pressione su Apicella affinché gli fossero dati alcuni guadagni, che non era riuscito ad incassare prima di finire in cella, derivanti da appalti assegnati ad alcune aziende di imprenditori dell’Agro aversano grazie alla sua intercessione. Nel periodo in cui era ai domiciliari, ha ricostruito la Dia, a fare da intermediari tra lui e il gruppo di damigiana sarebbero stati i fratelli Isidoro e Massimiliano. Ricciuto, D’Angiolella e i germani di ‘o russ, emersi nell’attività intercettiva della Dia,  non sono indagati ed innocenti fino a prova contraria.

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