Sciopero, Meloni: “Ruolo del governo marginale”. Botta e risposta con Schlein dopo il no ad Atreju

Il sondaggista Antonio Noto: "Landini? Schlein e Conte non hanno niente da temere"

Foto Mauro Scrobogna/LaPresse 24-11-2022 Roma (Italia) Senato, i risultati della Commissione sul Femminicidio, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne - Nella foto: Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni

Il governo sulla vicenda della precettazione ha avuto “un ruolo marginale” perché “c’è stato un pronunciamento di un’autorità indipendente” che ha segnalato al sindacato “che non c’erano i requisiti per uno sciopero generale. Non è una decisione che ho preso io, non è una norma che ho fatto io”. Al termine della missione in Croazia, Giorgia Meloni ribadisce la linea sulla mobilitazione indetta da Cgil e Uil, scese in piazza del Popolo a Roma e in diverse altre città italiane per protestare contro la manovra. “Non so cosa si intenda per bullismo istituzionale“, replica la presidente del Consiglio a chi le chiede delle accuse mosse dai sindacati, aggiungendo però di essere convinta del fatto che “era dovuto da parte nostra il tentativo di mettere insieme il diritto allo sciopero da una parte e quello di poter usufruire di servizi essenziali dall’altra”.

Riguardo alla protesta, poi, la premier da un lato dichiara di avere “il massimo rispetto per i diritti dei lavoratori e gli scioperi, per chi manifesta per le proprie convinzioni e per i propri diritti”, ma dall’altro mette in evidenza che lo sciopero è stato lanciato “molto prima che noi scrivessimo” la legge di bilancio, “praticamente in estate, quando neanche avevo cominciato a pensarla, quindi non posso dire che nel merito sia dovuto a nostri oggettivi errori”. Errori che invece l’opposizione denuncia da settimane, parlando di una manovra priva di visione, caratterizzata solo da tagli a sanità, welfare e pensioni. Per questo alla fine il campo progressista ha deciso di scendere in piazza a Roma al fianco di Cgil e Uil. Presenti a piazza del Popolo i parlamentari di Avs guidati da Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, e anche una delegazione di Pd e M5s, prive però dei rispettivi leader. Né Giuseppe Conte né Elly Schlein si sono fatti vedere nei pressi del palco allestito nella piazza della Capitale. Una scelta ponderata, secondo quanto si apprende, quella della segretaria dem per rispetto del sindacato e per non politicizzare lo sciopero.

Peraltro secondo Antonio Noto, presidente di Noto sondaggi, il forfait di Conte e Schlein può essere in parte ricollegato anche a quanto avvenuto nei giorni antecedenti la protesta, quando cioè nessuno dei due “ha fatto più di tanto per difendere i sindacati nello scontro con Salvini”. “Non sono stati in prima linea né hanno creato il caso politico – rileva Noto -. Hanno entrambi sostenuto le ragioni dello sciopero ma né Pd né M5S hanno visto questa come priorità. Un appoggio quasi più di facciata che di sostanza”. Forse perché i due temono che il segretario della Cgil, Maurizio Landini, possa in qualche modo scavalcarli nella ‘corsa’ a leader del campo progressista? “Landini parla a un’unica classe sociale, un partito per essere forte ha bisogno di parlare a più classi sociali se no resta marginale – risponde Noto a LaPresse – Landini è un ottimo leader sindacale ma fare il leader di partito è un’altra cosa. Secondo me Schlein e Conte non hanno niente da temere”.

E a proposito di assenze, Meloni da Zagabria torna anche sull’invito respinto proprio dalla segretaria dem alla kermesse di FdI, Atreju. “C’era un tempo nel quale Fausto Bertinotti non aveva timore a presentarsi e a dialogare. Prendo atto che le cose sono cambiate”, attacca la premier ricordando che “io mi sono sempre presentata quando sono stata invitata, e sarebbe una delle pochissime volte in cui qualcuno dice di no. La manifestazione però si svolge lo stesso – conclude con una nota ironica – supereremo”. Affondo che innesca la replica da parte della Schlein: “Dopo mesi di rinvii Giorgia Meloni vuole sfilare definitivamente al Parlamento la discussione sul salario minimo, voltando le spalle a 3,5 milioni di lavoratori e lavoratrici. È lì che vi aspettiamo per confrontarci e votarlo, se ne avete il coraggio”. Niente Castel Sant’Angelo quindi, il faccia a faccia sarà in aula.

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