Signor Roberto Saviano: le esprimo le mie personali convinzioni circa il suo status e il suo agire (fino a che la Costituzione me lo permette). Lei si professa scrittore, quindi necessariamente AUTORE, di alcuni scritti che giustificano il suo definirsi tale.
Orbene, le debbo ricordare che gli scrittori sono per definizione propalatori della propria visione di fatti e circostanze o di ciò che immaginano. Questo garantisce loro la assoluta esclusività delle cose e dei pensieri narrati. Eppure il romanzo che l’ha resa un personaggio famoso (l’unico scritto degno di nota, tra l’altro), parlo di ‘Gomorra’, è gravato da una sentenza definitiva circa l’avvenuto plagio (copia) di autori diversi dalla sua persona. Non è possibile un’altra interpretazione.
Ne deriva il sospetto che lei non sia l’autore, quindi uno scrittore, di alcunché: al contrario che lei si manifesti come un personaggio capace utilizzatore di una ‘intelligenza artificiale ante litteram’, capace di erigere se stessa ad icona, ovviamente con il sostegno di coloro che speculano sulle disgrazie derivanti dall’incidenza delle organizzazioni malavitose sulla nostra società.
Ma non è una novità: si sa che l’antimafia di professione prolifera proprio in presenza della mafia (Falcone o Sciascia dixit) e quindi la possibilità di un ‘conflitto di interessi’ non è frutto di una fantasia estrema… Lei ha tratto un grandissimo, enorme profitto dalla sua azione antimafia. La totalità di coloro che hanno patito le conseguenze della presenza della mafia è rimasta nella solitudine e nella povera esistenza dei sopravvissuti. Tertium non datur…
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