Di recente abbiamo assistito, innanzi a palazzo Madama (sede del Senato della Repubblica), ad una specie di esorcismo praticato da un gruppo di senatori del M5S che inneggiavano alla soppressione, mediante legge, dei residui 3mila vitalizi destinati a vecchi parlamentari. Un risparmio calcolato in circa 35 milioni di euro. Cifra che deve essere aggiunta al taglio dei vitalizi già decretato nel 2011, dal governo Monti, e che portò, più o meno, ad un analogo risparmio, trasformando le pensioni dei parlamentari da retributive (vale a dire calcolate sull’ultimo stipendio) a contributive (calcolate sulla base dei contributi effettivamente versati). Nel gruppo dei senatori grillini che, plaudenti, innanzi al Senato, praticavano il rito esorcista, ho riconosciuto alcuni miei ex colleghi per i quali posso garantire (e testimoniare) non solo lo scarso bagaglio politico e culturale e dunque l’inadeguatezza a ricoprire il ruolo di parlamentare, ma anche il fatto che si trattava di nullafacenti e nullatenenti. In pratica, appartenevano, costoro, al tanto dissacrato gruppo di quanti vivono attraverso le prebende che elargisce la politica. Una contraddizione palese per chi ha fatto della denuncia dei privilegi della cosiddetta “casta” il proprio cavallo di battaglia. Eppure stiamo parlando di quegli stessi personaggi che oggi vivono attraverso i mezzi di sostentamento che la politica gli riconosce. Ma al di là di questa lampante contraddizione, molto diffusa in Italia, ove spesso si predica il sublime e si pratica il mediocre, veniamo all’essenza del problema, ovvero a confutare l’altra grande menzogna di marca grillina che è consistita nel lasciar credere al popolo italiano che il taglio degli stipendi e dei vitalizi o di qualche altro “ammennicolo” riservato al ceto parlamentare e politico, potesse rendere alla Nazione il quantum necessario per poter risorgere dal punto di vista economico e finanziario. In breve che l’enorme mole del debito pubblico statale – 2.300 miliardi di euro! – fosse derivato sostanzialmente dai privilegi accumulati, nel corso degli anni, dal ceto politico o, più in generale, da una casta di persone insensibili alle necessità del popolo oppresso, al quale riservare, in futuro, nuove elargizioni ed assistenza sotto il nome di reddito o di pensione di cittadinanza. Un paradosso lampante vista l’esiguità delle cifre che si sono risparmiate con il fatidico taglio: in totale non più di 100 milioni all’anno su un bilancio di 820 miliardi di euro di spesa. Il che rende quindi il risparmio ottenuto pari a meno di un decimilionesimo calcolato sull’intera spesa statale per anno solare! Sarebbe come dire che in una famiglia indebitata fino al collo si pensa di risanare la grossa mole di debito accumulata risparmiando sulla spesa delle stringhe delle scarpe!!
Tuttavia la vera menzogna di fondo, eufonica e gradevole per il popolo degli elettori, viene dall’idea diffusa che, una volta spezzate le reni alla cosiddetta casta, tutto sarebbe tornato secondo le vecchie abitudini di una politica fatta di elargizione, assistenza e spesa clientelare verso quei ceti sociali più inclini a scambiare il beneficio con il consenso elettorale espresso. In parole povere: i rivoluzionari che avrebbero dovuto cambiare radicalmente lo Stato, distruggere la corruzione, cancellare i privilegi dei parlamentari e dei politici, alla fine si sono trasformati negli eredi della tradizione dei governi della cosiddetta “Prima Repubblica” che per lungo tempo hanno utilizzato la leva della spesa statale a debito crescente, come loro strumento di governo e di acquisizione del consenso elettorale. In quest’ottica le odierne diatribe insorte tra il governo italiano, incline a riprendere l’uso della leva del debito crescente e la Commissione Ue, che ci ha richiamati ad una politica che non accumuli altri debiti, si spiegano come la logica e diretta conseguenza delle menzogne propalate dai 5Stelle nel corso degli ultimi anni e che hanno consentito, ai pentastellati stessi, di assurgere al governo del Paese.
Per sapere quanto si allontani questa politica da un effettivo risanamento, sia economico che morale, della Nazione, è sufficiente dare un’occhiata ai numeri che, come è risaputo, sono elementi difficilmente controvertibili. Ebbene, in Italia, aboliti vitalizi e stipendi d’oro per parlamentari e politici, si erogano ancora ben 9 milioni di vitalizi per i quali è stato riconosciuto il calcolo retributivo e non quello contributivo. Si, avete letto bene: 9 milioni di vitalizi elargiti a privati cittadini che ogni mese percepiscono un ammontare che equivale al 60% in più di quanto avrebbero dovuto incassare sulla base degli effettivi contributi versati allo Stato. Milioni di beneficiati dalla politica clientelare realizzata nell’ultimo mezzo secolo in Italia, che l’attuale governo vuole semplicemente rilanciare ammantandola, però, di moralità. A quanto ammonta il costo di quest’enorme bubbone, del quale nessuno vuol parlare, ovviamente, per convenienza di natura politica ed elettorale? Eccovi accontentati: ben 70 miliardi di euro all’anno. Una cifra che fa impallidire e rende miserabile i famosi 100 milioni risparmiati con l’abolizione dei vitalizi ai parlamentari. Fino a quando in Italia la rivoluzione la faranno i furbi, coloro che fanno leva sull’ignoranza del popolo e sull’inclinazione dello stesso ad acquisire benefici, comunque sia, saremo destinati a tornare sempre punto e a capo. E l’unica cosa che crescerà sicuramente sarà il debito statale.