NAPOLI – Nel mondo sempre più consapevole dell’ambiente e in costante ricerca di soluzioni economiche, l’abbigliamento di seconda mano sta rapidamente diventando una forza dominante nel mercato della moda. Secondo previsioni recenti, entro il prossimo anno le vendite di abbigliamento usato potrebbero costituire il 10% del mercato globale, segnando una crescita impressionante alimentata da diversi fattori chiave.
Un rapporto redatto da GlobalData per conto di ThredUp, riportato dal Guardian, indica che le vendite globali di abbigliamento usato sono aumentate del 18% l’anno scorso, raggiungendo un valore di 197 miliardi di dollari. Questo settore è destinato a prosperare ulteriormente, con previsioni che indicano un raggiungimento dei 350 miliardi di dollari entro il 2028. In particolare, negli Stati Uniti, il mercato dell’usato cresce sette volte più velocemente rispetto alle vendite al dettaglio di moda, rimaste invariate nel 2023 rispetto all’anno precedente.
La spinta di questa tendenza è guidata da una combinazione di fattori socio-economici. La crisi del costo della vita ha portato i consumatori a cercare alternative più convenienti senza rinunciare alla qualità, mentre le crescenti preoccupazioni per la sostenibilità ambientale stanno spingendo sempre più persone a optare per l’abbigliamento di seconda mano, riducendo così l’impatto ambientale associato alla produzione di vestiti nuovi.
Un aspetto interessante è che questa tendenza non è limitata alle generazioni più giovani: un numero significativo di consumatori di tutte le età ha acquistato abbigliamento usato nell’ultimo anno. Tuttavia, sono soprattutto la generazione Z e i millennial a essere in prima linea in questo movimento.
Piattaforme online come Vinted, Depop e ThredUp hanno reso più accessibile che mai l’acquisto di abbigliamento di seconda mano, mentre programmi televisivi e rivenditori di moda stanno promuovendo attivamente lo stile di seconda mano, rendendo questa pratica sempre più accettata nel mainstream. Un altro segnale di questa trasformazione nel settore della moda è la partecipazione attiva dei marchi di moda stessi. Molti stanno collaborando con specialisti dell’usato per ospitare la rivendita dei loro prodotti online o nei negozi, dimostrando un impegno crescente verso pratiche più sostenibili e responsabili.
Nonostante la crescita delle vendite di abbigliamento di seconda mano, i venditori online specializzati affrontano ancora sfide finanziarie. Tuttavia, le prospettive per il futuro sono positive, con previsioni che indicano un aumento delle vendite e un miglioramento dei margini di profitto. Ciò suggerisce che l’abbigliamento di seconda mano continuerà a crescere come parte integrante del panorama della moda globale. In conclusione, l’abbigliamento di seconda mano non è più visto come una scelta di “seconda classe”, ma come una soluzione intelligente e sostenibile per soddisfare le esigenze dei consumatori moderni, mentre si risponde alle sfide ambientali del nostro tempo.
Per l’usato è boom in Italia con 24 milioni di acquirenti e giro d’affari da 25 miliardi di euro annui. Spesa procapite supera i mille euro, il 40% dei consumatori interessato al settore. Che si dica “second hand” o “pre-loved”, il risultato è lo stesso. Gli italiani hanno la “febbre” da abiti usati: una vera e propria economia parallela che nel 2022 ha portato 24 milioni di cittadini a comprare vestiti di seconda mano e il cui giro d’affari, secondo l’Osservatorio Second hand economy, ha toccato i 25 miliardi di euro ed è destinato a crescere. La spesa procapite per l’abbigliamento di seconda mano supera così in Italia la soglia dei mille euro annui (1.042 euro circa) coinvolgendo il 40% dei consumatori italiani.
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