MESSINA – L’inchiesta sulle sentenze ‘aggiustate’ al Consiglio italiano e al Cga siciliano miete la prima vittima illustre. Con l’accusi di corruzione è stato arrestato Giuseppe Mineo dalla Guardia di Finanza, che a sua volta ha ricevuto l’ordine dalla Procura di Messina guidata da Maurizio De Lucia.
Da Renzi alle manette: gli ultimi due anni di Mineo
Mineo salì agli onori delle cronache nazionali due anni fa quando fu indicato dall’ex premier Matteo Renzi nella lista dei nuovi giudici del Consiglio di Stato nonostante fosse stato sanzionato per il ritardo con cui depositava le sentenze. Difetto che, alla fine, alla verifica dei requisiti, gli costò l’esclusione dal massimo organo della giustizia amministrativa. Secondo l’accusa, Mineo avrebbe agito al fine di favorire, nei ricorsi intentati contro il Comune e la Sovrintendenza, le imprese “Open Land Srl” e “AM Group Srl”, controllate dai costruttori Frontino. Il giudice sarebbe dovuto intervenire perché venisse sovrastimato il risarcimento del danno che Comune e Sovrintendenza dovevano alle due società. Sia la vicenda Open Land che quella della Am Group sono emerse nella inchiesta della Procura di Messina che, a febbraio, ha portato in carcere, tra gli altri, l’ex pm di Siracusa Giancarlo Longo e gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore, entrambi legati ai Frontino. In cambio del suo interessamento nella causa di cui era peraltro giudice relatore Mineo avrebbe chiesto denaro per l’ex presidente della Regione Giuseppe Drago, suo amico, poi deceduto nel 2016.
Un regalo da 115mila euro
Un giro internazionale di denaro. All’ex presidente della Regione sarebbero stati fatti avere 115mila euro. La somma sarebbe stata versata dalla società “Ocean One Consulting Srl”, riconducibile agli avvocati Amara e Calafiore, su un conto maltese intestato all’imprenditore siracusano Alessandro Ferraro, anche lui già coinvolto nell’inchiesta messinese su Longo. Ferraro avrebbe poi girato la somma a Drago. Fu Piero Amara a febbraio fare il nome di Mineo agli inquirenti.