Siria, Erdogan annuncia: “Elimineremo l’Isis e le milizie curde. Spettro foreign fighter”

La promessa dopo l'annunciato ritiro dei militari americani

Istanbul – Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, promette di eliminare milizie curde e jihadisti dal nord della Siria, dopo l’annunciato ritiro dei militari americani. Mentre la sua affermazione conferma i timori sulla ricaduta della decisione di Trump per i combattenti curdi. Delegati di questi ultimi a Parigi hanno messo in guardia sulle conseguenze del disimpegno di Washington. L’annuncio dell’imminente ritirata di 2mila soldati americani dal nord del Paese in guerra ha preoccupato gli alleati degli Usa nella lotta allo Stato islamico. Ma è stata invece accolta con sollievo da Ankara. Erdogan ha assicurato, parlando a Istanbul, che il suo Paese “eliminerà” i combattenti dell’Isis e le milizie curde Unità di protezione popolare (YPG), che considera terroriste e legate al Pkk.

Ha anche detto di aver deciso, alla luce della decisione americana e di una telefonata con Trump il 14 dicembre, di sospendere subito l’offensiva. Che prevedeva di lanciare nel nord della Siria contro le Ypg, alleate di Washington contro lo Stato islamico. “Questo rinvio non sarà ovviamente per un periodo indefinito”, ha però precisato. “Nell’attesa, elaboreremo piani per eliminare gli elementi dell’Isis che saranno ancora in Siria. Conformemente a ciò che è stato convenuto durante la mia conversazione con Trump”. Secondo il quotidiano Hurriyet, il presidente americano ha deciso il ritiro delle truppe dalla Siria proprio in quella telefonata. Decisivo l’impegno di Erdogan a proseguire la lotta contro gli jihadisti.

La promessa dopo l’annunciato ritiro dei militari americani

Attraversate fa forti tensioni, legate soprattutto al sostegno americano alle YPG, le relazioni tra Turchia e Usa, alleati nella Nato, sembrano in distensione da settimane. Ma se Ankara vede di buon occhio il prossimo ritiro americano, la coalizione guidata dai curdi avverte delle possibili gravi conseguenze. “Combattere il terrorismo sarà difficile, perché le nostre forze saranno obbligate a ritirarsi dalle linee del fronte della provincia di Deir Ezzor”, ultimo bastione dell’Isis, “per prendere posizione sulla frontiera turca e contrastare eventuali attacchi”, ha dichiarato a Parigi Ilham Ahmad, delegata del Consiglio democratico siriano, ala politica delle Forze democratiche siriane (FDS) di cui le YPG sono la spina dorsale.

Ahmad ha anche agitato lo spettro della liberazione di centinaia di foreign fighter ora detenuti dalle FDS, perché gli alleati occidentali non lascino i combattenti soli di fronte ad Ankara. “Temiamo di non poter più gestire la situazione e che sia difficile tenerli in un luogo determinato” in caso di offensiva turca, ha affermato. Quello dei foreign fighter in carcere in Siria è un rompicapo per i Paesi occidentali da cui provengono, che non vogliono siano liberati, né vogliono riportarli in patria. Intanto, le scosse delle decisioni di Trump sono state sentite distintamente anche a Washington: la più evidente è nelle dimissioni del capo del Pentagono, James Mattis, legate al disaccordo con la nuova strategia.

(LaPresse / AFP)

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