Siria, rientrano gli sfollati dal confine con la Giordania: tregua tra i ribelli e Assad

Un accordo tra i ribelli e il regime di Assad permette il rientro di gruppi di rifugiati siriani

AFP PHOTO / Louai Beshara

LIBANO (LaPresse/AFP) – Decine di migliaia di civili sfollati sono rientrati alle loro abitazioni nel sud della Siria. Ciò a seguito dell’accordo tra i ribelli e il regime del presidente Bashar Assad, che ha condotto raid aerei su due settori. Dopo aver consolidato il suo potere su Damasco e dintorni, cacciando ribelli e jihadisti, le forze del regime e le alleate russe hanno lanciato il 19 giugno un’offensiva per riprendere la provincia di Daraa. Di cui una parte è in mano agli insorti. Queste violenze hanno spinto alla fuga 325mila persone secondo le Nazioni unite. Una parte delle quali ha trovato rifugio vicino alla frontiera con la Giordania o della linea di demarcazione nelle alture del Golan. In parte occupate da Israele.

La breve tregua dopo l’accordo tra ribelli e regime

Una tregua da venerdì, seguita all’accordo tra ribelli e regime, ha spinto “più di 60mila sfollati a rientrare alle loro case”. Lo ha detto il direttore dell’Osservatorio siriano dei diritti umani, Rami Abdul Rahman. “Non restano che tra 150 e 200 persone” nei pressi della frontiera. “Violenti raid aerei” hanno colpito la località di Oum al-Mayazin, a nord del posto di frontiera di Nassib, alle porte della Giordania, ha riferito l’Osservatorio, parlando di tre morti tra i civili.

Rientrano in Siria gli sfollati dal confine con la Giordania

Un altro civile è stato ucciso in un raid simile nel settore ribelle della città di Daraa, secondo l’ong. Poco prima, spari dei ribelli contro un convoglio del regime sull’autostrada vicino Oum al-Mayazin hanno causato morti tra i militari, ha ancora riferito l’Osservatorio, senza fornire un bilancio. Il ritorno alle violenze arriva mentre gli insorti di Daraa avevano infine accettato di cedere i loro territori. Al termine di due settimane di bombardamenti che li hanno spinti a sedersi al tavolo dei negoziati con gli alleati russi del regime di Assad. L’accordo svelato venerdì sera impone il disarmo dei ribelli, l’evacuazione di centinaia di essi verso settori diversi controllati dagli insorti, il ritorno delle istituzioni nella regione e l’instaurazione di un cessate il fuoco. Quest’ultimo ha permesso una precaria calma.

Il disarmo concordato

Il cessate il fuoco si svolgerà in tre tappe, secondo un portavoce dei ribelli, Hussein Abazeed. La prima è cominciata nell’est della provincia, la seconda si svolgerà nella città e capoluogo di provincia, la terza nell’ovest della provincia. Come già accaduto in altri bastioni dei ribelli, dal sud oggi sarebbero dovuti partire i primi combattenti insorti che vogliono raggiungere le famiglie nella provincia di Idlib, nel nordovest, per uscire dal territorio governativo. Ma le evacuazioni sono sospese, dopo la ripresa delle ostilità, ha indicato un dirigente dei ribelli.

Un paese diviso

La perdita della provincia di Daraa rappresenterebbe un nuovo scacco per i ribelli, incapaci di resistere alla potenza di fuoco del regime e degli alleati russi. Damasco ha ripreso il controllo di oltre il 60% del Paese, nella guerra iniziata nel 2011, ed è determinato più che mai a ripristinare il suo potere sul resto della nazione, dove sono morte 350mila persone. I ribelli continuano a controllare territori nel nord, dove sono sostenuti dalla Turchia. Il nordest è controllato da combattenti curdi, appoggiati da Washington, mentre la provincia di Idlib è dominata da jihadisti dell’ex ramo di al-Qaeda.

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