Solidarietà e libertà

“La ricchezza deve trovare una comune utilità. In questa semplice frase si compendia la dottrina sociale della Chiesa, quella lezione filosofica e sociale, che un grande Pontefice come Leone XIII incartò nella Rerum Novarum la più nota delle encicliche papali sulle cose che riguardavano il mondo del lavoro ed il frutto del medesimo chiamato proprietà. Uno spartiacque culturale che posizionava i cattolici al centro del profondo dissidio (e dello scontro ideologico) che agli inizi del secolo scorso vide fronteggiarsi il liberalismo ed il socialismo. Fu quello il momento nel quale nacque la spinta propulsiva, la ragione ideale e pratica, che avrebbe deciso l’ingresso della Chiesa nella vita politica, sindacale e sociale del Belpaese. Una forza che risultò determinante: milioni di credenti diedero alla nazione un’idea di sviluppo economico e politico in grado di conciliare le ragioni ideologiche che dagli opposti estremismi si combattevano aspramente. In breve: il salario del lavoratore, ritenuto da tutti sacro, poteva essere riconvertito, mediante il risparmio, nel possesso dei beni materiali. In questa ottica la proprietà non era più da ritenersi solo retaggio di privilegio ereditato dalla nascita, ma anche frutto stesso del lavoro. Cadeva in tal modo sia l’idea aristocratica della proprietà, spesso latifondo, sia la pretesa marxista che essa fosse frutto di frode e sfruttamento. Nasceva, dunque, in quegli anni la dottrina sociale della chiesa. Caduto il non exspedit, il divieto per i cattolici di partecipare alla vita politica del neonato stato unitario, proclamato da Papa Pio IX all’indomani della presa di Roma (20 settembre 1870) da parte dell’esercito italiano, il mondo cattolico iniziò a dire la sua nell’agone politico dell’Italia. Bisognerà tuttavia aspettare il 1919, con la fondazione del partito popolare italiano, per avere un “partito” vero e proprio, organizzato e presente nella nazione e nel Parlamento, anche se neofita ed ancora molto fragile per impedire che la lotta tra gli estremi che si contendevano, allora, il potere, sfociasse nella vittoria dei poteri economici che armarono e poi spalleggiarono la nascita del fascismo. Quest’ultimo era ritenuto il male minore per neutralizzare l’idea della rivoluzione e quella degli espropri proletari. Un evento passeggero che, si credeva, sarebbe stato riassorbito in breve tempo. Così non fu. Le stesse forze cattoliche furono sbaragliate dalla violenza e dalla prevaricazione del regime mussoliniano. Ma il seme era stato sparso e l’idea che potesse esserci una terza via, tra fascismo e social comunismo, si sarebbe prima o poi affermata: un sistema politico fondato sulla libertà ed i diritti di cittadinanza, basato sul libero mercato di concorrenza. La dottrina della Chiesa, d’altronde, aveva ben mitigato lo spirito del capitalismo, circoscrivendo ogni tentazione che fosse il danaro a dirimere le controversie sociali, creando una scala senza valori. Soldi e proprietà dovevano avere lo scopo di migliorare la condizione di tutti non solo di chi li possedeva. Libertà e solidarietà dovevano essere inscindibili in quell’ottica di convivenza e di progresso civile. La tassazione per aliquote progressive, la riforma agraria, l’edilizia economico-popolare, l’imperio delle leggi e la formazione delle medesime entro istituzioni parlamentari democratiche elette a suffragio universale, la pace come regime permanente, il rispetto per l’Uomo ed i suoi diritti, furono il portato di quella comune utilità a cui era stata ispirata la visione sociale dei cattolici. Una visione che Papa Roncalli, dopo aver annunciato il Concilio Vaticano II, rinnovò non solo nella dottrina ma anche nella liturgia, rendendola ancor più al passo con i tempi, con l’enciclica Mater et Magistra. La ratio di fondo di quell’atto era che la Chiesa (e con essa i credenti) non doveva farsi trovare impreparata sulle questioni del lavoro, dell’economia e delle tematiche poste dalla società moderna. Davanti alle sfide nuove, alla confusione dei tempi, alla perdita dei valori politici identitari, alla scomparsa delle idee (oltre che delle ideologie), alla precarietà permanente del sistema istituzionale, alla nascita ed alla morte dei partiti di plastica (e personalizzati), alla preminenza dell’economia sulla politica, il mondo cattolico doveva farsi trovare presente facendo spiccare il richiamo al pregio dei valori contenuti nelle encicliche papali. A tutti quelli che oggi si affannano nell’intento di costruire un nuovo centro politico, un partito per i moderati, a tutti i benpensanti che oggi disertano le urne, andrebbe consigliato di rileggere sia la Rerum Novarum che la Mater Magistra e trarne una piattaforma politica e programmatica. A cominciare da Matteo Renzi che quelle letture le ha nel suo bagaglio. Altro che la Leopolda ed i sinedri degli intellettuali. Libertà e solidarietà coniugate bastano ed avanzano.

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