Giovani tra solitudine e violenza, allarme a Napoli

Napoli - Rione Sanità

NAPOLI – Violenza giovanile dilagante. Ogni fine settimana un bollettino di guerra, tra risse, accoltellati e picchiati dalle gang. Cosa sta accadendo in città? “E’ venuto meno l’associazionismo. Prima la chiesa era capace di aggregare tutti questi giovani allo sbando. Oggi non è più accolta nelle case, viene vista come roba da sfigati – racconta don Giuseppe Carmelo, parroco nella basilica di Santa Lucia a Mare – non ci sono più educatori, perché vengono rifiutati dai ragazzi. Ogni giorno c’è un accoltellato a Napoli. E’ il risultato di un malessere diffuso, di giovani che non hanno più punti di riferimento”. E’ un fenomeno partenopeo? “Il problema non è solo napoletano, ma nazionale, purtroppo.

C’è una condizione giovanile preoccupante. I ragazzi non sono pazienti, vogliono tutto e subito. Hanno riferimenti sbagliati. Molti non hanno famiglie che educano. Così vanno alla deriva. E ci ritroviamo i giovani della Napoli di strada, dei neomelodici, di Tik Tok, dei rap e trap che inneggiano alla violenza, al coltello, al fumo, allo sballo. Altri vanno alla ricerca del piacere immediato, il brivido. Le aggressioni possono essere lettere in questo senso”. Cosa è cambiato, per scatenare tutto questo? “C’è un disagio sociale profondo, che deve essere affrontato”. Il vescovo Domenico Battaglia ha avviato un progetto, che va in questa direzione. “Il piano è stato avviato ed è una cosa importante, poi c’è stato il sinodo nella chiesa, tante cose bollono in pentola. Ma è difficile calare un progetto dall’alto. Per esempio, in città non abbiamo strutture per accogliere questi ragazzi difficili”. Lei come fa ad aiutarli? “Io ci ho provato con un torneo di calcetto organizzato proprio per loro. Un tifoso di una squadra incitava i propri giocatori a essere più aggressivi e violenti nei confronti degli avversari. C’è stata una reazione sugli spalti e questo ha accoltellato un coetaneo. E’ successo un mese fa”. Quali soluzioni per invertire la rotta e aiutare questi ragazzi?

“Ci vogliono tanti educatori, ragazzi con esperienza e preparati. Altrimenti li perderemo ogni giorno che passa. Ci mancano le strutture anche per incontrare questi giovani, oggi abbiamo spazi esigui. Un tempo le parrocchie con gli oratori facevano da grande filtro. Oggi no. Servono nuovi spazi per aggregazione. Bisogna studiare nuove strategie, per coinvolgerli”. Oggi dove trascorrono le giornate? “Quasi sempre in strada. Camminano con i coltelli in tasca, alcuni con le pistole. Ecco perché c’è urgenza di educatori per le famiglie e per i giovani. Cosa facciamo oggi per avere più educatori? Nulla. E molti si stanno ritirando, perché sta venendo meno la missione dell’educatore, la vocazione. Mi chiedo, la politica cosa sta facendo? Se ne sta occupando?”. Se ne sta occupando la cronaca, nel frattempo. “Leggevo di quell’imprenditore selvaggiamente aggredito in via Tribunali, perché aveva chiesto di togliere le transenne davanti al suo garage. Non si sta facendo molto per arginare questa violenza”. Dunque, cosa si potrebbe fare? “Qual è il disagio dei giovani? Capiamo e affrontiamo il problema. Girano in moto dalla mattina alla sera. Senza casco e assicurazione. Molti usano i monopattini senza pagare: conoscono dei codici e se li passano tra loro. Corrono e rischiano di far male i passanti. Basta venire a vedere nel centro città cosa accade”.

Qualcuno del quartiere si è rivolto a lei? “Tante mamme e parenti si sono sempre affidati a me, perché hanno riconosciuto il ruolo di educatore. E spesso i figli si sono lasciati guidare. Da soli non ce la fanno. Questo perché spesso restano coinvolti in frequentazioni sbagliate, che li portano a fare cose sbagliate. Basta dare una occhiata alle sale scommesse piene di giovani. Anche oggi non avranno nulla da fare”.

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